dalla relazione del Vescovo Lauro, 5 ottobre 2017, polo culturale Vigilianum, I incontro itinerario ” E per favore non dimenticatevi di pregare per me! (Papa Francesco)”
In questa serata vi racconterò i fondamentali della preghiera. Non la preghiera dei laici, che verrà sviluppata benissimo da Paola Bignardi nel 3′ incontro (di domenica 5 novembre, ndr).
Parto da una constatazione: se uno è credente prega? Prima è credente e poi orante? Viene prima l’orante, è un dato antropologico… il grido di chi nasce è trascendere se stessi, si viene al mondo pregando, anelando, gridando “ho bisogno”; si lascia il mondo allo stesso modo. Tutti sono indigenti, nessuno è in grado di autogestirsi e in ogni momento siamo oltre noi stessi. Il grido appartiene all’umano, la preghiera appartiene al Dna dell’essere uomini, ci appartiene. Il nostro vissuto dice così… si viene al mondo tendendo la mano e si lascia il mondo porgendola.
La preghiera è una cosa diversa dalle preghiere, dai formulari: nella preghiera l’uomo si porta fuori di sé, mentre i formulari funzionano solo se esprimono l’esodo verso l’altro. È un bisogno umano, quello di uscire e di incontrare: l’uomo è strutturalmente incontro e lo cerca in un volto, in una realtà. Tutti ci appoggiamo a qualcuno! Spesso andiamo contro natura e non riconosciamo di essere grido e incontro. Anche le dipendenze dicono una domanda di significato della vita, il bisogno di qualcuno e di qualcosa.
I giovani sono pieni di preghiera! Anche se non vengono alle nostre celebrazioni, che certe volte non sono preghiera…
Imparare a pregare, educando all’esodo da sé. Tutti preghiamo, perché gridiamo, ma non sempre scatta l’incontro e la necessità di appoggiarci. Purtroppo la dimensione della preghiera è la più calpestata, perché tutti danno risposte e non lasciano posto alle domande; questo uccide il grido. La domanda libera la preghiera, l’interrogarsi su quel che accade, anche nel dramma, suscita la preghiera. La precarietà (come quella dei migranti) scatena domande e suscita preghiera.
La preghiera è andata in disuso perché “l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono” (Sal 49): in questo benessere non abbiamo un terreno che faciliti le domande e la preghiera ne esce umiliata.
La preghiera è come l’acqua, se la costringi e la chiudi esce da tutte le parti; e oggi pullulano forme arcaiche e varie di preghiera, anche solo per liberarci dall’ansia. Tutto il nostro apparato ecclesiale mortifica la preghiera: usiamo tanti testi, non il silenzio; ci ancoriamo alle prassi inveterate. La preghiera dei bambini è da liberare ed educare – i bambini sono quelli che pregano meglio, ma noi dall’interno abbiamo tolto il gusto del pregare.
* il rosario come preghiera del riposo defatigante per liberare il respiro e farti accompagnare
* la preghiera è anche questione di corpo, di atteggiamento fisico
* la preghiera di Papa Francesco come presenza eucaristica davanti al tabernacolo
Si prega con il corpo, non con il cervello; bisogna creare una camera di decantazione prima di pregare, preparare il corpo e lo spazio, il contesto ambientale. Pregare non é frequentare idee, è frequentare un volto, “l’amato del tuo cuore” (vedi Papa Benedetto XVI nella meditazione a Colonia). Non è studio, lettura e conoscenza, ma meditazione con spazi di silenzio.
La domanda che dobbiamo farci è “Chi è Dio per me?” Come posso incontrarlo se non lo conosco? Posso gridare, ma se Dio é realtà anonima e lontana non posso incontrarlo e affidarmi a lui.
Evangelii nuntiandi n. 26 “Non è superfluo ricordarlo: evangelizzare è anzitutto testimoniare, in maniera semplice e diretta, Dio rivelato da Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Testimoniare che nel suo Figlio ha amato il mondo; che nel suo Verbo incarnato ha dato ad ogni cosa l’essere ed ha chiamato gli uomini alla vita eterna. Questa attestazione di Dio farà raggiungere forse a molti il Dio ignoto, che essi adorano senza dargli un nome, o che cercano per una ispirazione segreta del cuore allorquando fanno l’esperienza della vacuità di tutti gli idoli. Ma è pienamente evangelizzatrice quando manifesta che, per l’uomo, il Creatore non è una potenza anonima e lontana: è il Padre. «Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» e siamo dunque fratelli gli uni gli altri in Dio.” Chi ci svela Dio é Gesù di Nazareth. Chi è Dio per me? Lo incontro grazie allo Spirito Santo, che guida la preghiera cristiana (vedi lettera ai Galati e Romani).
Pregare é ascoltare il grido dentro di te e la chiamata a incontrare l’Abba’. Ogni uomo, prima di essere uomo, si ritrova dentro quel grido e la necessità di incontrare un Abba’: è nel suo Dna, glielo ha meso dentro Dio stesso. Il Padre non è la proiezione di un papà umano, é su un’altra dimensione, quella della croce in cui la carne muore ma oni uomo resta un incanto, nonostante il suo peccato. L’uomo cerca un riscatatore, che non condanna ed è mano che accoglie sempre e comunque, senza mai giudicare o controllare. È un sogno antropologico e questo desiderio ha la sua risposta in Gesù, che muore dichiarando l’uomo un incanto (“Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.” Isaia 49, 15). Tutti trovano rifugio nel Signore!
Quando preghi diventi pienamente uomo. Nella preghiera lo Spirito si serve:
– della Parola di Dio, veicolo che parla di questo incanto
– dei gesti di Gesù, mostrati e ripetuti oggi dal corpo ecclesiale, nella gratuità
– dell’incanto del creato
– dei nostri peccati, perché Dio ti raggiunge nella stanza del peccato, della sconfitta.
La preghiera è un atto umano e se raggiunge l’incontro stai bene e trovi il senso della vita. Se non c’è questo incanto, chi spiega il senso della vita? Quell’incanto riscatta tutti i fallimenti e ci rende misericordiosi. La preghiera è formidabile azione di umanizzazione.
Se ho percepito l’incanto, la preghiera diventa spontanea. Come arrivarci? Avere l’umiltà di camminare dentro la fatica, attraversando la notte, perché come ogni incontro la preghiera è fatica, è essere miti, lasciar esistere. La vita è bella e drammatica… imparare a pregare facendo piccoli passi, preghiere brevi dove ti sforzi di percepire una presenza, un “tu”.
Preghiera è struggente desiderio, grido, rabbia… è acqua incostante e fuoco… anche arrabbiarsi con Dio é altissima preghiera, nella sofferenza. Pregare mi fa star bene, ma è anche fatica, percorso che parte dalla vita di ognuno.
Pregare é andare davanti a Dio non da soli, ma con i miei fratelli, accompagnati (altrimenti è autoreferenziale): l’incanto fa vedere il panorama dei miei fratelli e li rende tali.
Con che spirito abito la preghiera? È con il nostro umano che portiamo la vita in Dio; da laici, da preti, da religiosi, da vescovi. La preghiera più forte è quella non verbale, nell’incontro d’amore… la preghiera più profonda non ha più parole, è estasi.
Gesù muore perché è fedele all’uomo, che mette prima e davanti a lui: tu non sei “mio”, ma io vivo per te e lascio che tu esista, lasciandoti libero fino a lasciarmi uccidere da te. È il Dio mite, il cui potere si esprime nel lasciar esistere.
Lo stupore è preghiera, perché si riconosce la bellezza fuori di sé. Per educarlo concedersi la fatica di spazi di silenzio, in cui assaporare il creato; anche la musica, che tocca dentro fino a commuovere.
(Dalla relazione del Vescovo Lauro)
“La preghiera è l’acqua indispensabile che nutre la speranza e fa crescere la fiducia. La preghiera ci fa sentire amati e ci permette di amare. Ci fa andare avanti nei momenti bui, perché accende la luce di Dio. Una Chiesa che prega è custodita dal Signore e cammina accompagnata da Lui. Pregare è affidargli il cammino, perché se ne prenda cura.” (Papa Francesco, 29 giugno 2017)