Data / Ora
Date(s) - giovedì 25/02/2016
20:30
Luogo
Centro Pastorale Beata Giovanna
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Nel centenario del primo conflitto mondiale 1914-1918 l’atteggiamento dei cattolici nei confronti della guerra suscita oggi non solo l’interesse della memoria storica, ma anche una doverosa riflessione sulle scelte fatte e sullo sviluppo nell’attualità. L’Azione cattolica di Trento unitamente alla Pastorale Sociale Lavoro di Trento, propone tre serate di approfondimento anche formativo sul tema “A me che importa? Memoria, perdono e pace dalla Grande Guerra ad oggi”.
La pace va costruita giorno per giorno, con atteggiamenti di accoglienza, giustizia e responsabilità. Soprattutto quando non sembrano esserci strade possibili…
Nel terzo incontro Luigi Sandri (giornalista vaticanista) proverà a descrivere alcune scelte pacificatrici a partire dall’attuale relazione Medioriente – Occidente.
Gli incontri sono aperti a tutti
Introduzione:
Giovedì scorso ci siamo lasciati dopo esserci addentrati nella parola di Dio nel suo giudizio sulla guerra. Il suo ascolto non può essere semplicista, perche potrebbe trarci in inganno. Don Piero Rattin ce lo ha spiegato con due citazioni che descrivono entrambi la pace: quella di Isaia 2,4 «Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri , le loro lance in falci» e in Gioele 4,9 «proclamate questo fra le genti: chiamate alla guerra santa… con le vostre zappe fatevi spade e lance con le vostre falci» Non si capisce questo linguaggio contradditorio e scandaloso, se non intendendo la pace insieme come dono e impegno, perché Cristo è la nostra pace… E alla domanda: ma Dio è con noi? da che parte sta? Mons. Luc Ravel, ordinario militare francese nel novembre del 2013, segnalava due risposte: una pagana e una cristiana. Nella prima: «Dio è con noi quindi vinceremo. Se perdiamo è perché Dio non è più con noi, è per punirci per la nostra infedeltà»; la seconda, quella cristiana, affermava: «Dio non si allea ai nostri eserciti per darci la vittoria, ma dona la fede fino a pregare per i propri nemici» – don Rattin aggiungeva che Dio non si pone contro nessuno che anzi è lui la pace e se proprio deve scegliere qualcuno sceglie i poveri gli oppressi gli indifesi, non eserciti contrapposti.
Questa sera, dopo aver fatto memoria, sentito la parola di Dio dovemmo arrivare a una qualche conclusione assumendo atteggiamenti utili e responsabili. In questo senso il dott. Luigi Sandri, esperto giornalista (corrispondente dell’Ansa da Mosca e Tel Aviv, segue da decenni le vicende ecclesiali e dei papi su riviste (Confronti) e quotidiani (Il Trentino), ci parlerà sul tema: “Medioriente e occidente: vie di speranza”
Per approfondire:
Le origini delle dinamiche sociopolitiche, economiche e religiose che infiammano il Medioriente hanno radici antiche: nella I Guerra Mondiale con la promessa disattesa di uno stato autonomo per i curdi; nell’impero ottomano per i delicati equilibri politico-religiosi tra shiiti e sunniti, che si contendono il comando del variegato mondo del miliardo di musulmani nel mondo; nell’assassinio dello zar di Russia per i primi aneliti di sionismo, che comunque si batte per la riconquista della Terra Santa così come era “diritto” degli ebrei ai tempi di Abramo. Il conflitto arabo-israeliano, quindi, non nasce nel 1947 con la spartizione dei territori palestinesi, ma alla fine del 1800; Abramo, padre degli ebrei e parimenti dei musulmani, è da entrambi riconosciuto patriarca e capostipite. Il tempio di Gerusalemme è il fulcro della religione ebraica e luogo della ascensione al cielo di Maometto: la spianata del tempio è perciò «rompicapo teologico, civile e storico insolubile». L’occupazione dei territori palestinesi con insediamenti illegali di coloni ebrei estremisti, insieme agli infiniti posti di blocco, sta esarcerbando una situazione già di per sé esplosiva, suscitando «bagliori di guerra» e «una fabbrica di mostri» – gli attentati kamikaze – perché «se non cè speranza non resta che la morte».
Quali le vie di pace? La pace in Terra Santa ha un prezzo: ritirarsi dagli insediamenti (ripristinando i confini internazionali del 1949), custodire Gerusalemme, coltivare la speranza (restando vicini a chi sperimenta vie di perdono e di riconciliazione). Interrompendo il ciclo di morte e di vendetta attaverso il perdono, il piangere e sperare insieme, consapevoli che i morti non tornano indietro e che la soluzione non sono altre morti, ma custodire e proteggere la vita.
La guerra nel Mediterraneo ci tocca, cambia anche il nostro stile e modo di vivere, ci minaccia; la pace ci riguarda personalmente; siamo responsabili di quanto accade, in coscienza non possiamo tenercene fuori. Abbiamo il dovere di informarci… ci vuole intelligenza, sapienza, coscienza storica; dobbiamo dare il voto e la fiducia ad una classe politica che sia consapevole che la nostra sicurezza, il benessere, la stabilità… hanno il loro fulcro nel nodo israelo-palestinese.
Chi pensa a soluzioni semplificate o guerreggiate non conosce la storia, ma non conosce nemmeno la natura delle persone. E da queste bisogna partire per avere dei riscontri concreti di pacificazione.
Gli attentati, gli attacchi mortali devastanti si possono fermare solo quando le persone interessate antepongono alla violenza cieca una vita possibile, una vita che può continuare. L’esperienza bella di gruppi palestinesi e arabi che, avendo in casa propria persone care uccise dal terrorismo, si è posta la domanda: “L’atto terroristico con cui si è tentatati di rispondere può riportarmi vivo il figlio, il marito, i bambini uccisi dall’avversario?” No. Dunque è molto meglio trovarci insieme amici e nemici e piangere la tragedia come pianto riparatore e restauratore di pace. Questi esempi di pace divengono autentica profezia anche per noi cristiani.
Presso la sede diocesana Ac si può richiedere il DVD dell’intervento.
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