La meditazione dell’assistente diocesano don Giampaolo Tomasi alla IV Giornata di spiritualità “Il discepolo e il massimo comandamento“ (Trento, sabato 4 marzo)
Preghiera per iniziare
Signore Gesù, la domanda che ti ha raggiunto quel giorno aveva fatto scorrere già molti fiumi di parole e tuttavia era tremendamente importante, perché obbligava ad andare all'essenziale. Oggi come ieri, Gesù, non ci mancano leggi, prescrizioni, comandamenti... Ma che cosa conta veramente? La tua risposta non è inventata di sana pianta. Tu attingi alle sacre Scritture e tiri fuori dalla loro linfa feconda la risposta giusta, l'indicazione attesa. No, non è questione di codici, di leggi e di commi, è una questione di amore. Un amore totale per Dio, un Dio amato con tutte le proprie forze, non con i rimasugli della propria giornata, con gli avanzi delle energie, ma con tutto il cuore e con tutto la mente. Un amore per il prossimo, che viene trattato come uno che ha la nostra stessa dignità, i nostri stessi bisogni e desideri, le nostre stesse attese e i nostri stessi diritti. Ecco la tua risposta, Signore Gesù: franca e libera, schietta e sicura. Se abbiamo capito qualcosa di Te e del Padre tuo, delle tue parole e dei tuoi gesti, la nostra non può essere che la stessa reazione dello scriba. Hai ragione tu Gesù, questa è la risposta autentica all’amore che ci ha raggiunto e che si è donato senza misura, fino in fondo. (don Roberto Laurita)
Dal vangelo secondo Marco (12,28-34)
Allora si avvicinò a lui (Gesù) uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”
Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.
Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi”.
Lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”.
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”.
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Meditazione
Presentazione
Il brano evangelico scelto chiude i dialoghi di Gesù a Gerusalemme prima della sua passione e morte: ha dunque una sua rilevanza sia a livello di struttura letteraria sia di tematica teologica.
Il testo si divide facilmente in due parti:
vv. 28-31: la domanda dello scriba e la risposta di Gesù;
vv. 32-34: la reazione dello scriba e la valutazione conclusiva di Gesù.
Lo scriba è presentato da Marco senza spunti polemici e Gesù stesso lo apprezza. Questo è spunto originale in Marco, che spesso mostra di giudicare negativamente queste persone durante i confronti con Gesù.
Osserviamo che seccamente Marco aggiunge che “il secondo (comandamento) è…” e ciò indica una gradualità nei precetti.
Ciò non significa che il prossimo si debba amare “moderatamente” o che il peccare contro il prossimo sia colpa più lieve, ma significa che solo Dio deve essere il riferimento – unico e assoluto – del
discepolo.
Ha scritto il biblista B. Maggioni: “Il prossimo non è Dio. Ne diverremmo schiavi e mendicheremmo il suo appoggio. Se adorassimo l’uomo finiremmo col tradirlo: il nostro amore per lui non sarebbe più libero, disinteressato, critico, salvifico… Amare il prossimo per Dio significa amarlo con la libertà di Dio, col suo amore forte e critico; significa essere capaci, se l’amore lo richiede, di rimanere soli, rifiutati e crocifissi”.
Attualizzazione
Se c’è un tratto che più di ogni altro ci può introdurre ad una corretta comprensione della figura di Gesù è il suo rapporto con Dio. L’amore ardente, totale, confidente e docile che Gesù ha per il Padre e l’accesso immediato, filiale che aveva costantemente con Lui è il punto necessario di partenza per chi vuole conoscere davvero il senso della vita di Gesù, il suo operare e insegnare.
La stessa novità del suo messaggio non si potrebbe cogliere se non si comprende l’amore di Cristo per il Padre.
Va aggiunto che, data la comprensione che Gesù aveva di Dio e della sua volontà, per Lui la causa di Dio e quella della salvezza degli uomini coincidevano, per cui lo zelo per Dio diventava in Gesù
anche difesa ardente di chiunque fosse per qualunque motivo povero: sollevare il povero, liberare gli oppressi, guarire i malati, confortare gli afflitti, ecc… Questo è ciò che vuole Dio e Gesù lo realizza.
Gesù si è identificato con la causa e l’agire di Dio che chiamava “Padre mio”.
Questa totale adesione di Gesù al progetto di salvezza, di riconciliazione e di liberazione del Padre per gli uomini, gli permette di identificarsi personalmente con chi ha fame, sete, con chi è nudo, malato, incarcerato, profugo, per cui tutto ciò che si fa o non si fa a queste persone, lo si fa o non si fa a Lui.
Cerchiamo di collegare ora questo testo a quelli dei tre ritiri precedenti (Lc 14,25-33; Mc 10,17-31 e Mt 14,22-33).
Gesù non chiama, anzitutto, degli uditori a cui vuole trasmettere una dottrina; neppure cerca discepoli a cui trasmettere il segreto di un nuovo percorso ascetico; né vuole dei servi a cui commissionare l’esecuzione dei suoi comandi. Non è la comprensione di una dottrina che ci fa discepoli di Gesù e neppure una ascesi o l’accumulo di buone opere.
Essere discepoli di Gesù significa legarsi a Lui in un rapporto personale che chiede una docile dedizione alla sua persona.
A questo proposito l’evangelista Giovanni metterà sulle labbra di Gesù durante l’ultima Cena queste parole: “Non vi chiamo più servi, ma amici”. Ciò significa che la sequela è comunione personale
con Gesù e mediante questa comunione di vita noi diventiamo sempre più discepoli. I
Se nel brano proposto alla meditazione teniamo uniti i versetti, il grande comandamento dell’amore a Dio e al prossimo sintetizza quale deve essere la vita del discepolo di Gesù. Ma non nel senso
di una prescrizione etica, bensì come espressione della risposta d’amore a Gesù che mi ama così come sono. Chi infatti comunica con Gesù e gli permette di penetrare nel suo cuore e di trasformarlo ad immagine del suo Cuore divino, non potrà non condividere il rapporto di Gesù con Dio suo Padre e con noi suoi fratelli.
La comunione con Gesù porterà il discepolo a porre la sua vita nelle mani del Padre e diventerà inevitabilmente condivisione dello stesso spirito di solidarietà, compassionevole verso chiunque e per
qualunque motivo stia male.
Preghiera conclusiva
O Dio, tu sei l'unico Signore e non c'è altro Dio all'infuori di te: donaci la grazia dell'ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti si aprano alla sola parola che salva: Il Vangelo del tuo Figlio Gesù, nostro sommo ed eterno sacerdote. Egli è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli Amen