Voto consapevole

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Che fare ? Votare o no?

Si avvicina il rinnovo dei Consigli comunali dei comuni che non hanno deciso una fusione o non hanno recentemente rinnovato il proprio consiglio.
Che fare? Andare o non andare a votare? E perché partecipare a queste elezioni amministrative, oppure decidere di astenersi?
Serve a qualcosa dare il proprio voto?

Di fronte all’annuncio delle prossime elezioni amministrative in molto comuni trentini, diversa gente ha alzato le spalle dimostrando perplessità o senso di inutilità della cosa. La sfiducia nelle istituzioni pare in crescita, motivata anche dal fatto che esse hanno meno risorse economiche a disposizione e quindi le amministrazioni mostrano sofferenza. Pensiamo come per situazioni di bisogno sociale ed economico esse si rivolgano ad iniziative di gruppi o associazioni di cittadini (di frequente ecclesiali). Hanno sperperato nel passato per uno stile clientelare e ora dicono che non ci possono più aiutare, si sente dire dal volontariato.
Potremmo continuare con l’elencazione delle lamentele, ma non servirebbe a niente. Noi cristiani abitiamo questa città terrena per promuovere il valore della vita, il rispetto della dignità della persona, la centralità della famiglia e ciò può avvenire solo in una realtà di giustizia e di pace, di bene comune e di responsabilità, secondo la concezione del Pensiero sociale cristiano.
Detto questo siamo chiamati a prenderci a cuore la società e le sue istituzioni: il votare è una delle espressioni della democrazia.
Votare vuol dire avvalersi del diritto di essere parte e di possedere la sovranità delle istituzioni. Votare è un dovere di cittadinanza responsabile, dovere di scegliere chi mi rappresenterà nelle istituzioni: è dire io ci sono e non sono indifferente. Partecipare al voto è affermare che il valore dell’essere in comunità è indispensabile da attuare: è dire che siamo chiamati ad formare un tessuto di relazioni che non ci fanno sentire soli, che permettono solidarietà, cura ed attenzione reciproci.
Votando si dice alle persone che si sono candidate che non sono sostenute da pochi, che c’è interesse verso di esse. Queste, se sono coscienti di ciò che si offrono di fare, si sentiranno tanto più responsabilizzate ed obbligate a non deludere i propri elettori, quanto più voti avranno ricevuto. Chi sarà eletto, se lo è stato con molti voti, avrà anche più coraggio, più energia nello svolgere il servizio politico che si è offerto di svolgere, sentirà che la gente ha apprezzato la sua disponibilità a servila nelle istituzioni e, se ha coscienza, si impegnerà al massimo a non deludere i propri elettori e ad attuare ciò che ha dichiarato nel programma.
Detto questo, non siamo così ingenui nel dire che basta andare a votare in massa per rendere utile una istituzione e che abbiamo un clima di democrazia. Il voto è un aspetto, una componente della Democrazia. Essa si attua quando le istituzioni sono in grado di dialogare con la cittadinanza che ha in mano la sovranità. La democrazia si vive quando la politica promuove una cittadinanza responsabile, quando essa si sforza al massimo nella ricerca del Bene comune; quando la politica è libera, non solo da interessi di parte, ma anche da visioni ideologiche e dal narcisismo che portano a contrasti e conflitti che promuovono l’antipolitica.
Il voto si favorisce quando chi si candida dimostra di fare le cose con delle motivazione di bene della cittadinanza alla quale si rivolge, quando evidenza di essersi preparato e non vivere nell’improvvisazione, quando non arriva all’ultimo minuto a cercare candidati.
Per incentivare queste attenzioni e questo rispetto verso gli elettori da parte di chi si candida, la Scuola diocesana perla Politica, l’Economia ed il sociale, nel dicembre scorso ha donato alla cittadinanza un appello per le prossime elezioni amministrative nel quale si legge che «Le amministrazioni comunali, infatti, assumono oggi la responsabilità prima di ricostruire il senso di comunità e di appartenenza: per ottenere ciò è necessario far crescere anche la credibilità. Ciò richiede anche il migrare dalla mera ricerca di consenso sulle politiche e sul politico, ricerca spesso compiuta in stile commerciale, per crescere in un’affidabilità e rappresentatività consapevole e leale con gli elettori». Si legge prima di tutto la stima verso le amministrazioni ed il valore di esse. Questo documento non è di critica, ma di aiuto nel prendere coscienza del valore delle istituzioni ed anche dei nuovi compiti che esse hanno nel contesto attuale dove, visto che scriviamo su un mensile cattolico, le parrocchie e le associazioni cristiane hanno perso il ruolo di collante e di riferimento nella costruzione della comunità civile e religiosa.
Le amministrazioni pubbliche hanno ora anche la missione di creare senso di comunità e quindi necessitano di persone capaci di dialogo, confronto costruttivo e credibilità. Detto questo, invece, ci sono ancora teatrini ridicoli sulla formazione di liste e la proposta di candidati sindaci. Dai dialoghi fatte con varie persone, anche di diversi posti del Trentino, pare di percepire una certa fatica nella formazione di liste, nel trovare persone motivate e formare: ma speriamo che ciò venga presto smentito.
In ogni caso non possiamo permetterci uno stile di superficialità, di indifferenza, di distacco verso le prossime elezioni amministrative. Se non ci vanno bene le persone che ha amministrato finora, non possiamo alzare le spalle, ma chiedersi cosa io posso e devo fare, anche magari fare uno sforzo per proporsi. Non è corretto criticare e astenersi, lamentarsi e fare gli indifferenti.
Nel 2006 la Conferenza episcopale della Lombardia ha pubblicato un appello dopo il voto delle elezioni politiche nazionali. In esso troviamo uno stile propositivo. Si dice che «Ci troviamo in una situazione che esige, con singolare urgenza e da parte di tutti, […] un di più di responsabilità nel ricercare e nel percorrere le vie corrette, più adeguate e condivise per affrontare e risolvere i non piccoli problemi del Paese. Paradossalmente proprio questi problemi ci dicono che, in realtà, c’è qualche cosa di più profondo che già unisce e che deve ancor più unire il Paese: è la necessità e la volontà di trovare una soluzione ai problemi che agitano la vita delle persone e della Nazione e che tutti sentono come urgenti, anche se diverso è il modo con cui ciascuno crede di poterli e doverli risolvere. Esiste in realtà un dovere fondamentale che deve accomunare tutti: il perseguimento del “bene comune” – come bene di tutti e di ciascuno nell’attuale contesto nazionale, europeo e mondiale –, costruendolo insieme con paziente e tenace determinazione e sentendoci tutti responsabili e artefici, e non solo destinatari. […] Tutto questo […] crediamo che esiga oggi un sussulto di maggiore intelligenza e coraggio, non disgiunti da sacrifici e da sapiente umiltà, per dare vita, pur nel rispetto delle differenze, a un dialogo onesto ed a una collaborazione leale in vista del bene del nostro Paese e, più ampiamente, del concreto bene comune universale. Ciò è possibile, però, se si rimane fedeli alla responsabilità assunta nei riguardi degli elettori e dell’intera comunità nazionale: una responsabilità che, tra l’altro, esige di mantenere la parola data, che è sì il programma elettorale, ma è anche molto di più, ossia il rispetto e la promozione di tutto ciò che, in quanto “genuinamente umano”, non tradisce ma tutela e fa crescere l’uomo e la sua dignità».
Se ci vogliamo bene, se desideriamo la felicità delle persone non ci resta che informarci e capire cosa fare per un voto che sia per il bene comune.

Don Rodolfo Pizzolli
(Pastorale Sociale, Giustizia e Pace)

 

      Appello verso le amministrative comunali 2015