Sulle strade del mondo

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dalla rubrica “Nella Chiesa” di Camminiamo Insieme maggio 2023

Andate dunque…” è la parola di Gesù Risorto che ci ha accompagnati in questo anno associativo. Come dicevo nella riflessione in cattedrale per l’Ora di Adorazione dell’Ac diocesana, a questa parola rispondiamo: “Dove, Signore?” e Gesù ci risponde: “Sulle strade del mondo, sulle vie dei nostri paesi e quartieri, sulle strade del nostro Trentino”. Su queste strade che percorriamo ogni giorno, noi incontriamo il prossimo, ma specialmente Gesù Cristo che ama e cerca tutti. Gesù è al punto di convergenza di tutte le strade e da questo punto Egli ci invia sulle strade del mondo per portare la sua parola di gioia che dà vita. Lasciamoci coinvolgere dal mandato di Gesù agli Undici dopo la risurrezione: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20).

Ricordiamoci: il risultato della missione non si appoggia sulla ricchezza delle risorse o su strutture consolidate, ma sulla creatività dell’amore. Servono certamente la tecnica, la fatica, il lavoro, la programmazione, l’organizzazione, ma prima di tutto bisogna sapere che la forza della Chiesa non abita in essa, nell’istituzione, bensì si nasconde nelle acque profonde di Dio nelle quali essa è chiamata a gettare le reti.

Duemila anni fa si aprì agli Undici, che avevano ricevuto il mandato missionario, il piccolo mondo della Palestina e da qui il vangelo partì per il mondo. Anche per noi oggi a partire da qui si apre davanti a noi il mondo intero perché tutti in forza del battesimo e per il dono dello Spirito santo siamo chiamati ad evangelizzare. Siamo chiamati a stare sulle strade dove passano donne e uomini, vecchi e ragazzi del nostro tempo.

Papa Francesco nel suo primo messaggio per la Giornata Missionaria del 2013 aveva scritto: «non possiamo restare chiusi nella parrocchia, nelle nostre comunità (o gruppi), quando tante persone sono in attesa del Vangelo! Non è semplicemente aprire la porta per accogliere, ma è uscire dalla porta per cercare e incontrare. Con coraggio pensiamo alla pastorale partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia. Pensiamo ai poveri: loro siano gli invitati vip delle nostre pastorali».

Giovani e bambini, donne e uomini fuggono dai loro paesi in guerra o in preda alla carestia o a malattie in cerca di pace, lavoro e accoglienza: sono i migranti. Percorrono itinerari nei deserti o nelle savane tra molti pericoli, cadono preda di trafficanti di uomini, attraversano mari senza far notizia e solo quando sono accanto a noi li vediamo e li sentiamo gridare aiuto. Penso che Gesù cammini con loro nel lungo percorso sofferto verso la libertà e la dignità. Non possiamo rimanere spettatori muti e sordi.

Sulle nostre strade incontriamo anche persone dal passo incerto per i fallimenti che li hanno lacerati con la crisi della loro famiglia o la perdita di lavoro, la fatica di tenere il ritmo di questa società sempre più di corsa. Sono i troppi senza speranza, dallo sguardo spento e dalla bocca muta.

È ancora papa Francesco che ci rivolge a questo proposito la sua parola: «serve una Chiesa che non abbia paura di uscire nelle strade oscure dell’umano. Che sappia intercettare l’uomo sulle sue strade, anche buie. Serve una Chiesa in grado di fare compagnia, di andare al di là del semplice ascolto: una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente. Una Chiesa capace di decifrare la notte, contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle e di capire che nelle ragioni della fuga ci sono anche i presupposti per il ritorno. Serve una Chiesa capace di riscoprire in sé le viscere materne della misericordia. Senza la misericordia si è incapaci di inserirsi in un mondo di feriti che hanno bisogno di comprensione, di perdono, di amore» (Messaggio per la GMM 2013).

Infine sulle nostre strade incontriamo le persone «della porta accanto» o del «banco accanto nelle nostre chiese» che salutiamo a malapena perché «non sono dei nostri»: essi hanno diritto di ricevere il Vangelo di Gesù e di sentire la nostra mano calda e il sorriso. Esaminiamoci come cristiani: forse in noi sono deboli il fervore missionario, la gioia, il coraggio della proposta, la voglia di annunciare a tutti il messaggio di Cristo. A volte si pensa che portare la verità del Vangelo sia fare violenza alla libertà degli altri. Invece dobbiamo avere il coraggio della gioia di proporre con rispetto l’incontro con Cristo perché è sua volontà che noi lo facciamo conoscere a tutti. Aiutiamoci allora a vicenda e stimoliamoci a vivere la missione qui e subito come hanno fatto gli Undici dopo l’incontro con Gesù Risorto.

don Giampaolo

Per approfondire: Dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco

20. Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di «uscita» che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7). Oggi, in questo «andate» di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova «uscita» missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo.

21. La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria. La sperimentano i settantadue discepoli, che tornano dalla missione pieni di gioia (Lc 10,17). La vive Gesù, che esulta di gioia nello Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione raggiunge i poveri e i più piccoli (Lc 10,21). La sentono pieni di ammirazione i primi che si convertono nell’ascoltare la predicazione degli Apostoli «ciascuno nella propria lingua» (At 2,6) a Pentecoste. Questa gioia è un segno che il Vangelo è stato annunciato e sta dando frutto. Ma ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre.

24. La Chiesa «in uscita» è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. Primerear – prendere l’iniziativa: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più prendere l’iniziativa!