dalla rubrica “Il libro” pubblicata su Camminiamo Insieme Ottobre 2023
Gemma Calabresi, moglie del commissario di polizia vittima del terrorismo di estrema sinistra all’inizio degli anni ‘70, ripercorre la sua vicenda di donna, e di credente.
Il libro si intitola «La crepa e la luce».
E’ il racconto intimo e sofferto del cammino che questa donna ha percorso dal giorno dell’omicidio del marito, il commissario Luigi Calabresi: lei rimane vedova, giovanissima, pochi anni di matrimonio e di felicità alle spalle, ora sola con due bambini piccoli e un terzo in arrivo.
Una strada faticosa la sua, tutta in salita, che parte dalla disperazione, dall’umano desiderio di vendetta dei primi tempi e la porta a riconciliarsi con la sua storia, a crescere i suoi figli lontani da ogni tentazione di rancore e di rabbia, a trovare infine la forza di perdonare.
Così scrive nelle prime pagine: «Mi sembra che ogni passo di questo percorso sia importante e che raccontarlo possa dire, a chi ha voglia di ascoltare, che si può fare. Si può vivere una vita d’amore anche dopo un dolore lacerante. Si può credere negli esseri umani anche dopo averne conosciuto la meschinità. Si può trovare la forza di cambiare prospettiva, allargare il cuore, sospendere il giudizio».
Su questa strada, fondamentale è la riscoperta della fede come una forza viva, come incontro con un Dio che si fa vicino: il giorno della morte del marito, abbandonata sul divano di casa, «nel momento più basso della mia vita – confessa – nella solitudine e nella disperazione, ho incontrato Dio. Forse si può pensare che questa sia la suggestione di una donna di fede, ma allora la mia fede era qualcosa di profondamente diverso da ciò che sarebbe diventata poi. Ero credente non per scelta ma perché, per educazione, non avevo alternative. Per tradizione, abitudine, per far contenti i miei genitori… Invece su quel divano è successo qualcosa che ha radicalmente cambiato tutto: Dio ha abbracciato me, e io lui».
Una fede così diventa capace di cambiare la vita, di cogliere nelle vicende tutte, anche le più devastanti, lo sguardo e la prospettiva di Dio, e di affidarsi alla sua capacità di perdonare.
Da qui prende avvio una seri di incontri non facili per Gemma: con i mandanti e gli esecutori dell’uccisione del marito, con la vedova di Pinelli (della cui morte era stato ingiustamente accusato il commissario Calabresi), con i testimoni ai processi e le tante accuse ingiuste e tendenziose. Lei si muove sempre nella consapevolezza che in ognuno c’è qualcosa di buono da scoprire e salvaguardare: «anche chi aveva ucciso mio marito non era solo un assassino» si trova a dire dentro di sé, a un
certo punto. Mai una traccia di odio nelle sue parole: quella che ci lascia è un’altissima testimonianza di amore e di pace, di fiducia nella giustizia e nella ricerca della verità, di instancabile e sincera apertura agli altri.
Alessandra