Sulla chiesa povera

sulla chiesa povera“La povertà della e nella Chiesa non è un aspetto accessorio, ma è qualificante la sua stessa identità, ne tocca l’essenza, dovrebbe essere il segno distintivo. Non è questione della sua generosità, ma appunto della sua identità.”

Spesso ci teniamo alla larga dai discorsi su denaro e ricchezza, fatichiamo a inserirli nelle riflessioni legate alla nostra religiosità. Dall’altra parte c’è la povertà: quella del mendicante o dell’immigrato in cerca di casa. Quella di chi ha perso un lavoro o di chi non conosce il problema della quarta settimana perché non ci sono soldi nemmeno la prima.

Questo è il mondo che ci circonda. Questi gli opposti che dovremmo riuscire a riavvicinare.

E la Chiesa? Che dice in merito alle scelte di ricchezza e di povertà nelle strutture che si dà, nel modo di porsi tra gli uomini, nelle scelte pastorali, nei mezzi che predilige e nel modo in cui li usa?

Il libro “Sulla Chiesa povera” prova, con taglio critico, a raccogliere e rilanciare degli spunti di riflessione. Del gruppo di lavoro che lo ha redatto fanno parte sacerdoti e laici, uomini e donne, (Bellavite V., Bianchi L., Ciccolini T., Fiorini R., Virgili R.) impegnati in uno stile di annuncio evangelico che riconduca all’essenza originaria in cui il Dio dei poveri si fa povero Egli stesso. Il libro, presente nella nostra biblioteca nella sezione Chiesa, edito da La Meridiana raccoglie gli interventi di un convegno tenutosi nel 2007 in cui si è cercato di fare il punto sul tema della povertà/ricchezza della Chiesa a partire dal Vangelo, utilizzando per orientarsi nell’oggi, il Concilio Vaticano II. Gli spunti di riflessione sono molti, ancora attuali e ancora da sviscerare dato che, spesso, tendiamo a lasciare questi temi in mano a pochi addetti ai lavori.

Non possiamo permetterci, però, di rinunciare ad un annuncio evangelico su questo tema, anche oggi così vivo: abbiamo la responsabilità di vivere, ognuno secondo la sua vocazione, scelte vere di povertà e, non secondario, di informarci per non cadere nella trappola dei luoghi comuni sulle ricchezze ecclesiali. A chi amministra questi beni, d’altra parte, rimane l’onere di farlo in trasparenza, avendo a cuore, oggi, come alle origini, la Chiesa dei poveri.