L’assistente diocesano unitario don Giulio Viviani propone una riflessione sul tema associativo dell’anno.
La pagina del Vangelo di Luca che narra della Visita di Maria alla cugina Elisabetta (1, 39-56) è nota con il titolo, per noi oggi strano e inconsueto, di Visitazione. Il brano è molto conosciuto anche perché contiene il testo del cantico che la Chiesa prega ogni giorno a Vespro il Magnificat. Questo testo evangelico ci accompagna, ci ispira e ci guida in quest’anno associativo.
I capitoli iniziali del Vangelo secondo Luca presentano un gran movimento: tutti sono in cammino, tutti viaggiano!
Il Vangelo ci parla di Maria che da Nazareth, il suo villaggio in Galilea, si mette in cammino verso Ain Karim, un piccolo borgo nella regione della Giudea nei pressi di Betlemme, “così piccola per essere tra i villaggi di Giuda” (Mi 5, 1), e di Gerusalemme, la grande capitale: quasi 150 chilometri! E dopo pochi mesi, circa tre, ripercorre la stessa strada dai monti Giuda per tornare a casa sua. Non dimentichiamo che era una giovane ragazza incinta.
E poi viaggiano i pastori, i Magi, Simeone e Anna, gli angeli e Giuseppe che, dapprima con Maria parte dalla Galilea per giungere in Giudea (di nuovo 150 chilometri!) e poi la santa Famiglia, deve scappare in Egitto. Tutto un andare, un muoversi di gente che va e viene.
Ma c’è un movimento ben più grande e ben più importante: Dio che scende dal Cielo. Potremo, infatti, affermare, come diciamo nel Credo, che un viaggio lo fa anche lo stesso Figlio di Dio, che “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo”.
Questo è il vero viaggio, questo è il vero movimento: la trascendenza di Dio si fa condiscendenza.
Si compie allora quanto veniva invocato dal Salmista: “Vieni a salvarci, o Dio, … guarda dal Cielo e vedi e visita questa vigna” (Sal 79). Dopo essere stato tanto atteso e invocato il “grande movimento” si compie: il nostro Dio viene, Dio è con noi. Poteva salvarci da lassù, dall’Alto dei Cieli, e ha voluto venire in mezzo a noi. L’autore della Lettera agli Ebrei (10, 5-10) ci invita a riflettere su questo evento, su questo mistero, e ci ricorda che Gesù entrando nel mondo e nella storia afferma con vigore. “Ecco io vengo, o Dio, per fare la tua volontà!”. Un impegno, una volontà di dono che arriva fino al sacrificio, all’offerta della propria vita sulla croce; quel dono di se stessi che fanno tanti papà e tante mamme, tanti genitori per le loro famiglie; tanti uomini e donne che anche oggi vivono, operano e lavorano, mai fermi, mai stanchi e sempre disponibili, con passione, competenza e generosità.
Gesù è il nostro ideale, il nostro modello; egli viene dal Cielo nel mondo per farci dono di se stesso, del suo amore, della sua vita. Tocca a noi guardare, contemplare questo “movimento” per riscoprire, per riconoscere e per accogliere il dono; e quel dono è Cristo. Crediamoci con la disponibilità e la gioia di Maria: lei è beata, è felice, perché ha creduto! Non è un movimento o un dono eclatante. Si compie nella notte, in un luogo deserto, in una piccola località sconosciuta e ignorata. Quel posto si chiama Betlemme, che significa “casa del pane”! Ma quello che ci viene donato è qualcosa di grande, di straordinario, che avvia un “movimento” nuovo, inarrestabile.
Colpisce sempre nella narrazione dell’episodio della Visitazione il fatto che San Luca evidenzia l’atteggiamento di Maria che, entrò sì nella casa di Zaccaria, ma salutò Elisabetta! Perché? Perché non salutò il padrone di casa? Perché lei sapeva bene che solamente davanti a sua cugina Elisabetta avrebbe avuto la certezza di quanto l’Angelo Gabriele le aveva annunciato! E così il primo gesto di Maria è un saluto! Aveva ormai imparato la lezione, con quel saluto che le era stato rivolto dall’Arcangelo: “Rallegrati, piena di grazia”! In quel momento il suo saluto non era vuoto, non era solo un gesto di cortesia, poiché portava con sé la presenza di Gesù. E, infatti, lo stesso san Luca lo sottolinea ricordando che Giovanni, ancora nel grembo della madre, reagisce spontaneamente, avverte con gioia e riconosce la presenza di Gesù.
Anche noi riconosciamo in questi atteggiamenti di Maria la presenza di Gesù e lo stile di vita del cristiano. Maria si alza e compie un gesto di carità verso l’anziana cugina rimasta incinta. Maria va verso la casa di Zaccaria e ci va in fretta, corre veloce! Una carità concreta e attenta che Maria eserciterà poi nella casa di Nazareth con Gesù e con Giuseppe, e quindi sulle strade e nelle contrade della Palestina e fino a Gerusalemme anche con gli apostoli. Ma come era maturato in Maria questo atteggiamento? Certo con la grazia di Dio, ma soprattutto per il fatto che lei aveva accolto nel suo cuore, con un ascolto docile e obbediente, la Parola di Dio. Si era abituata a nutrirsi dalla Parola di Dio e a conservarla nel suo cuore. Noi, tante volte, pensiamo di dover fare subito qualcosa per mettere in pratica la Parola di Dio, con uno sforzo a volte sovrumano, quasi titanico; non è così. La Parola va messa nella pratica, nella vita ed essa ha in sé la forza necessaria per trasformare le persone, i cuori, le situazioni e renderci capaci di servizio, di amore e di carità per Dio e per i fratelli. Come fanno un papà e una mamma che non possono limitarsi a dare dei regali, ma donano tutto se stessi ai loro figli e alla loro famiglia.
Maria ha capito e cantato nel suo Magnificat questa verità di una storia sempre in cammino sotto lo sguardo di Dio; la vicenda umana che non si arresta mai fino alla meta finale. Neppure per lei è stato tutto facile e immediato; come ci ricorda il Concilio Vaticano II: “anche lei, la beata Vergine Maria avanzò nel cammino della fede (LG 68).
Don Giulio Viviani