da Camminiamo Insieme marzo 2022, a cura dell’assistente diocesano
Quaresima e digiuno: un’arma per la lotta spirituale
Tra gli esercizi che l’uomo interiore può scegliere per lavorare su di sé, il digiuno è uno dei più semplici perché non richiede strumenti, non costringe il corpo in posizioni particolari, non taglia i rapporti con le altre persone.
Per questo il digiuno è un esercizio universale e lo ritroviamo in molte tradizioni religiose. Fa parte della sapienza umana di tutte le latitudini. È stolto credere che il progresso della nostra civiltà o la superiorità della religione cristiana ce lo abbia reso superfluo.
In ogni religione si trovano forme di vita ascetica (induismo, buddismo), ma anche nelle filosofie antiche erano presenti proposte ascetiche (stoicismo, manicheismo, epicureismo). Nell’Islam il digiuno è in grande stima (ramadam) e costituisce uno dei cinque pilastri su cui si fonda il culto a Dio. L’ascesi è necessaria all’uomo per acquisire equilibrio, controllo su di sé, perfezionamento virtuoso e felicità.
Il tempo di Quaresima è un tempo privilegiato per la cura della nostra vita interiore che va alimentata, così come la vita materiale-fisica ha bisogno del cibo quotidiano e del lavoro necessario per procurarselo. Tra la gente comune il “lavoro” su se stessi è scaduto volgarmente al mangiare qualcosa di buono o un dolce per vincere le ansie o al prendere un caffè per darsi una spinta o a fumare una sigaretta per ritrovare una condizione sveglia. E così il lavoro per la vita interiore, cacciata dalla porta, rientra nella vita personale come meccanismo a cui affidarsi o a vizio o a legame viscerale e richiede soldi, dipendenza da servizi resi da altri o sostegno di una intera organizzazione di consumi voluttuari. Più saggio è chi sa ritrovarsi senza farsi dare urtoni dall’esterno (mangiare o bere caffè o fumare o altro) e senza deviare dall’obiettivo di trovare lo stato d’animo giusto per la situazione da affrontare con uno fittizio o avvelenato. C’è chi è capace di fermare il flusso degli avvenimenti esteriori con un minuto di silenzio, magari ripetuto nell’arco della giornata, per sentirsi presente a se stesso, per riconoscere il centro della propria vita, per trovare il bandolo della matassa aggrovigliata delle cose quotidiane da fare. Se lo faccio 5 volte in un giorno, il tempo corrispondente a lavarsi le mani o poco più, è un esercizio piccolo piccolo e forse in quei minuti non percepisco nulla dentro di me, comunque alla sera potrò dire che in quei 5 minuti nessuno me li ha occupati o tolti.
Il vero digiuno deve accompagnarsi ad un cuore umile, disponibile e aperto verso gli altri. Non ha senso macerare il corpo se poi coviamo rancori, invidie, gelosie, cattiverie verso il prossimo. Il vero digiuno – ci ricorda Isaia – si accompagna ad opere di misericordia sia corporali (leggi Mt 25) sia spirituali: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Certo, la vita interiore per molti di voi che mi leggete è “dialogare con Dio”. Bellissimo… ma lo è per chi ci riesce. Ci sono persone che puntano al massimo negli esercizi per la vita interiore, ma secondo me è bene partire con esercizi umili e concreti come gli esercizi che ci propone la Quaresima: l’elemosina, la preghiera e il digiuno.
Il digiuno non è ridurre i pasti al giorno (uno solo) o ridurre a 500 le calorie da mettere in corpo: è un esercizio per il nostro corpo materiale-fisico che può aiutare la nostra vita spirituale. Pensate: più mangiate e più il vostro corpo deve lavorare per digerire, con dispendio di energia e di tempo.
Per la Bibbia il digiuno non è mai motivato dal disprezzo per il proprio corpo e per le cose materiali, ma esprime davanti a Dio il nostro desiderio di Lui proprio quando siamo consapevoli di esserci allontanati dal Signore. L’AT ci testimonia la pratica del digiuno: per esprimere dolore in occasione della morte (di Saul e di Gionata); quando ci si trova in gravi difficoltà e si attende l’aiuto del Signore. Oppure si digiuna per accogliere la rivelazione di Dio, come Mosè sul Sinai o Daniele. Digiuna il popolo con la regina Ester per scampare all’editto di sterminio totale. Nelle ore critiche della propria storia, Israele con il digiuno esprime la propria attesa del soccorso divino. Dunque, come la preghiera, il digiuno è una forma visibile della fede in Dio Salvatore.
Cosa è allora il digiuno? Sollevare il corpo a funzioni più alte e purificarlo dal legame con ciò che è più materiale o tossico.
Ci sono persone che vivono per mangiare e per farlo afferrano, prendono rubando, consumano e sprecano, diventano voraci e entrano in conflitto con gli altri. Con il digiuno impariamo ad accontentarci del necessario senza sprecare tempo ed energie nella ricerca del cibo da consumare e senza venire trascinati nella sonnolenza della lenta digestione. Nel digiuno viene fuori di più la nostra vita inconscia e quella delle relazioni armoniche e non violente. Gandhi ha scritto: «Chi digiuna si fa trasparente. Gli altri si fanno trasparenti». Questo significa che il digiuno dà degli occhi spirituali per vedere in profondo negli altri e dentro di noi. D’altra parte la mente non ha bisogno di cibo per lavorare, anzi può lavorare meglio se non viene bloccata da una digestione pesante che sconvolge almeno per due ore il corso dei pensieri. L’attenzione verso un tema, quello scelto per digiunare – che per un cristiano può essere la Parola di Dio o un testo di un maestro di spiritualità – può impegnare l’intelligenza per tutta la durata della giornata, senza scadenze di pasti e senza digestioni sonnolente. E alla sera si può ripercorrere all’indietro il cammino percorso senza fratture di memoria, in piena continuità. Così la coscienza ha la comprensione piena della giornata senza venir trascinata nel buio delle digestioni e affinandosi per guardare il “didentro” delle cose e degli avvenimenti.
Gesù ha vissuto 40 giorni nel deserto digiunando e pregando e ha proposto come esempio ai suoi discepoli questo stile di vita (Mt 6,17); potremmo parafrasare la parola di Gesù dicendo così: “in quei giorni, nei giorni del digiuno lavati e vestiti con più cura del solito e metti più slancio nei tuoi atti. Tieni la testa alta. Non perdere un centimetro della tua statura, non lasciare che si riduca il volume del tuo respiro né la fermezza del tuo passo. Non startene seduto e non cercare l’appoggio dei muri”. Proviamo allora in questa Quaresima a vivere il digiuno, perché questo esercizio spirituale ha in sé il suo premio: è la negazione delle nostre viscere, dove si annidano i rancori, le invidie e la rabbia che diventa violenza, ma è anche risorgere del nostro spirito. Questo cambiamento lo si vede nella maggior capacità di comprensione e di empatia con chi è intorno a noi. Sì, è vero, si soffre a digiunare… ma non c’è da aspettare tre giorni per la risurrezione: essa c’è già dall’inizio del digiuno.
don Giampaolo