Laici e vita spirituale: incontrare, generare, raccontare

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Da una riflessione di Luigi Alici (estratta dal libro Le coordinate della vita spirituale nell’esperienza dell’Azione cattolica, in Cittadini di Galilea. La vita spirituale dei laici, Ave, in corso di stampa), la cura della vita spirituale come dimensione umana che apre, rinnova e fa crescere.

Caratterizzata da 3 verbi: incontrare, generare e raccontare.

  1. Incontrare: La vita spirituale, prima di tutto, è essere incontrati (ecco, la forma passiva); da questo nasce quindi la possibilità di incontrare gli altri (forma attiva) e nello stesso tempo di incontrarmi riflessivamente con me stesso. Incontrare oltre lo spazio, nell’epoca della globalizzazione, è una sfida urgente per l’Azione cattolica, che non può accontentarsi di presenze significative in alcuni Paesi. L’incontro si deve poi dilatare anche nel tempo, in avanti e all’indietro. Questo potrebbe significare rimetterci a studiare i Padri della Chiesa, che hanno vissuto una fase di annuncio della fede in un contesto di collasso dell’impero romano, con molte analogie con il nostro tempo.
  2. Generare: Concepimento spirituale è capacità di decisione nella vita; decisione di lavoro, di scelta vocazionale e di servizio. L’applicazione associativa è evidente: Come, voi che siete l’Associazione in cui si parla continuamente di scelta religiosa, non conoscete queste cose? Non vi accorgete quando le parole girano a vuoto, quando non fanno più presa sul vissuto delle persone, quando la macchina consuma inutilmente carburante, quando il freno a mano è tirato e non riusciamo a schiodarci dal terreno? Come ogni persona, anche un’associazione gloriosa rischia di essere schiacciata dal proprio passato e non essere più generativa.
  3. Raccontare: La vita spirituale è incontro, generazione, partecipazione, comunicazione, reciprocità anche nella distanza; è tessitura, inclusione, dono di senso, discernimento capace di trasformare i problemi in occasioni di crescita; ma è anche capacità di leggere in controluce e raccontare gli eventi della vita personale, associativa, ecclesiale, culturale e sociale. Il raccontare non è una cosa facile. Deve esserci anzitutto una “materia prima” interessante (che, grazie a Dio, non ci manca!), ma anche una capacità di amalgama, di elaborazione, di tessitura personalizzata e profetica. Dobbiamo trovare un centro di senso attorno al quale costruire la trama, selezionare gli eventi significativi, trasformandoli in una narrazione aperta e inclusiva

Come ha scritto William B. Yeats, “educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”. E il grande Gustav Mahler aggiungerebbe: “La tradizione è la salvaguardia del fuoco, non l’adorazione della cenere”. Ma un cristiano deve stare dentro questa tradizione e raccontarla in modo creativo e coinvolgente, non abitudinario e apatico, senza mai dimenticare le parole infuocate di santa Chiara da Montefalco:  “Tutte le cose ardono, tutte le cose ardono, e voi che fate?”.

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