La Chiesa che sogniamo

postato in: Segnalazioni | 0

Dal 24 al 27 agosto le Presidenze diocesane provenienti da ogni parte d’Italia si sono incontrate a Castel Gandolfo per un cantiere sinodale sulla Chiesa del presente e del futuro. Abbiamo chiesto ai responsabili trentini che hanno partecipato di condividere alcuni passaggi.

Quale volto di associazione hai incontrato a Castel Gandolfo?
Un’associazione viva e accogliente, che cerca sempre di interrogarsi sulle sfide del futuro. Entusiasmante. [Marco] Un volto amico, per le belle persone ritrovate; un volto nuovo, giovane, di laici e sacerdoti e vescovi seduti in cerchio ad ascoltarsi. Un’Ac di sintonie immediate che nascono dal condividere parole, gesti e pensieri che ci rendono famiglia a prescindere da accenti, età ed esperienze diverse. [Anna] foto gruppo Triveneto

Due immagini dell’incontro nazionale che custodisci nel cuore
La prima: don Luigi Ciotti e mons. Matteo Zuppi a tre metri da dove ero seduta, al centro di una folla festante e fitta di persone a cui hanno prestato serenamente ascolto con sorrisi empatici e tanta pazienza per i continui selfy. E poi la coda delle persone prenotate per gli interventi: ordinata e lunghissima, di adulti e giovani appassionati, pensosi e intensamente coinvolti. [Anna] Lo spettacolo sul grazie (Walkabout) e il monologo su don Milani (Cammelli a Barbiana). [Marco]

Tre parole chiave per raccontare la Chiesa che l’Ac e i vescovi hanno sognato insieme
“Comunità”, che fonde parrocchia e territorio, esprimendo la partecipazione e il coinvolgimento nella vita degli altri. “Passione”: quella associativa ma anche la spinta personale interiore che muove, motiva e dà senso ai sogni e ai progetti. “Accompagnamento”, che unisce la cura con la necessità di passi quotidiani al ritmo di chi fa più fatica. [Anna] “Grazie, cura, accoglienza”. Il primo giorno quando siamo arrivati ci è stato proposto uno spettacolo tutto incentrato sulla parola “grazie”: ringraziamo sempre troppo poco.
In una delle sere ci è stato proposto un monologo su don Milani che ha sempre avuto come bussola di riferimento la “cura” per gli altri e in particolare per i suoi ragazzi/alunni di Barbiana, di cui si è preso cura insegnando loro come vivere nel mondo.
L’ultima parola “accoglienza” rappresenta per me la Chiesa che vorrei: una Chiesa con le porte aperte, la casa dove tutti si sentono accolti e alla quale non si vede l’ora di ritornare. Questo è un po’ quello che è successo in questi giorni a Castel Gandolfo dove abbiamo ritrovato amici da tutta Italia e ci è rimasta nel cuore la voglia di trasmettere questo messaggio a chi ci sta vicino. [Marco]

Dal tuo gruppo di lavoro sinodale, quale sfida avete elaborato?
Tanti sono stati gli spunti come l’attenzione all’attività politica, che per noi di AC dovrebbe essere illuminata dalla dottrina sociale della Chiesa, o l’aiuto alle famiglie in difficoltà. Quello che mi ha colpito di più è stata la sfida ad essere più essenziali, lasciando perdere i tanti specchietti per allodole di cui questo tempo è pieno. [Marco] Il nostro gruppo si è dato come nome Sugo sulla pasta… con la sfida di impastare e dare gusto a condivisione e fraternità, impegnandoci ad essere portatori di felicità attraverso le nostre imperfezioni. [Anna]

Una citazione da regalare a chi legge…
Il cardinal Zuppi alla domanda “Come si trasmette la fede?” ha risposto: “La fede si trasmette in una comunità”. Forse è banale ma se non si riesce a fare una Chiesa di persone vive, che si trovano e stanno bene assieme creando una bella comunità, è anche difficile trasmettere un messaggio di fede. Come dice papa Francesco: “La gioia è missionaria, portatela ovunque”. [Marco] «L’esperienza di Ac… insegna a pensarci insieme: si cresce imparando a vedere e gustare la bellezza della vita degli altri» (mons. Matteo Zuppi). [Anna]

La Chiesa che sogniamo

Rivedi tutti i momenti dell’incontro nazionale e leggi gli interventi e approfondimenti