Si è parlato molto del silenzio durante la quarantena: lo abbiamo riscoperto grazie alle strade vuote, siamo ammutoliti davanti al dolore, abbiamo provato a farne un po’ dentro di noi. C’è chi, il silenzio, lo vive quotidianamente, per scelta, e lo riempie di vita e di storia.
Per esempio i monaci benedettini che Paolo Rumiz ha visitato cercando le origini dell’Europa. “Il filo infinito” del titolo (Feltrinelli, ed. 2019) è quello che lega i monasteri, sparsi in lungo e in largo per il vecchio continente, sia geograficamente che nel corso della loro storia. Gli uomini di San Benedetto – non a caso patrono d’Europa – in secoli di ora et labora, bonifiche, terrazzamenti e trascrizione di antichi codici, hanno dato forma all’ambiente ma anche alla mentalità europea, ponendone le basi nell’accoglienza, nella solidarietà, nella compassione. Quelle che ancora oggi si incontrano nei monasteri, che non rifiutano un alloggio ai pellegrini e un intervallo di pace e silenzio ai visitatori. Purtroppo, la basilica di Norcia sorretta dai ponteggi a seguito del terremoto sembra a Rumiz metafora dello smarrimento dell’identità europea: il ritorno dei nazionalismi, l’indifferenza e l’ostilità verso chi approda sulle nostre coste ne sono amari e attualissimi esempi. Per questo, suggerisce di tornare a guardare all’ordine di Benedetto per vedere, nelle tradizioni preservate dai monaci, le nostre origini: la dedizione al lavoro e alla cura dell’ambiente, lo spirito di sacrificio, il tempo per la preghiera, il rispetto dell’individuo e l’ascolto della comunità, la cura delle relazioni, la condivisione delle responsabilità. «Coraggio e cuore, dunque. Come i monaci che rifondarono l’Europa sotto l’urto delle invasioni barbariche. Come i padri fondatori dell’Unione che dopo due guerre mondiali ridiedero dignità e ricchezza a un continente in ginocchio. Essi sapevano che l’Europa non è un dono gratuito, ma una conquista, e spesso un sogno che nasce dalla disperazione per la sua mancanza. Osarono sognarla nel momento in cui tutto sembrava perduto. Essi tesero dei fili. Tesserono trame e relazioni. Imitiamoli. Costruiamo una rete con i fratelli degli altri Paesi per far sentire meno solo chi non si rassegna a un ritorno dei muri e al linguaggio della violenza».