la seconda parte della riflessione dell’assistente diocesano don Giampaolo sul legame tra Beatitudini e doni dello Spirito Santo,
pubblicato su Camminiamo Insieme Estate 2025
I Doni dello Spirito Santo e le Beatitudini (2)
Riprendiamo la riflessione sui doni dello Spirito Santo in relazione alle Beatitudini: a Sapienza, Intelletto e Scienza – di cui abbiamo trattato sul numero precedente – seguono qui gli altri quattro.
Chi ha ricevuto il Battesimo ha ricevuto il dono dello Spirito Santo, che si manifesta in modi molteplici, sufficienti e necessari: essi sono come i raggi dell’unico sole. È lo Spirito che infonde in ciascuno la carità di Dio e, nell’unità di un’unica vocazione e nella molteplicità dei carismi, ci riunisce come un solo Corpo nella Chiesa, che è tale nella comunione dello Spirito Santo.
I modi della manifestazione dello Spirito a ciascun cristiano sono i doni dello Spirito Santo e sono come delle capacità (habitus) di seguire prontamente e facilmente le ispirazioni divine in vista della salvezza.
Mentre i carismi sono doni dello Spirito per il bene comune e sono perciò variamente distribuiti, i 7 doni (che chiamerò “mistici”) sono dati a tutti i cristiani per lo sviluppo della vita cristiana. Questi doni modellano il cuore “carnale” dell’uomo che resiste ad aprirsi a Dio, e lo rendono più “fine”, delicato, sensibile, docile all’azione dello Spirito Santo, così che agisca spontaneamente nel bene, sia nelle azioni più ordinarie sia in quelle straordinarie.
Il riferimento biblico per i “doni mistici” è il passo di Isaia 11,1-2. Cristo li possiede (Lc 4) e li chiede per i suoi amici. Questi doni, a cui si è aggiunto il dono della “pietà”, sono invocati per i cresimandi: «Infondi in loro il tuo santo Spirito Paraclito: spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, e riempili dello spirito del tuo santo timore».
CONSIGLIO: “Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia”
Questo dono agisce in noi in due direzioni: ci fa diventare “consiglieri” per gli altri, e ci fa rendere conto che abbiamo bisogno di “consigli”.
Il dono del Consiglio è la capacità di dare suggerimenti, non solo semplici e umani, ma alla luce della fede. Il Consiglio è la capacità di comunicare – anzi meglio trasmettere in modo immediato – esperienze di fede che si vivono e si gustano. È necessario alla comunicazione spirituale; è il dono per genitori, formatori, educatori, catechisti e tutte le persone che vogliono parlare di Cristo.
La vita impone delle scelte, è un susseguirsi di scelte. Il Consiglio ci viene dato in dono perché diventi un aiuto, anzi l’aiuto nelle scelte. Per sentire i suoi suggerimenti dobbiamo però saperci raccogliere in una preghiera fatta di silenzio interiore che “mette nello zaino” egoismo, invidia, orgoglio, ragionamenti umani… Sono suggerimenti che si sentono salire dal profondo, che donano pace, gioia, sicurezza. Comprendiamo la nostra debolezza e fragilità, i nostri limiti e riconosciamo di avere bisogno del consiglio di Gesù.
È collegato con la beatitudine dei misericordiosi, perché l’atteggiamento di misericordia nasce dalla percezione che l’altro ha bisogno; da qui scaturiscono la compassione e l’impegno concreto ad aiutarlo. La misericordia dell’altro, la sua compassione nei nostri confronti e il suo impegno ad aiutarci ci aprono spesso il cuore nel dubbio.
Ricordiamo Gesù quando si commuove di fronte alle folle smarrite «come pecore senza pastore» ed allora «si mette ad insegnare loro molte cose» (Mc 6,34).
FORTEZZA: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, saranno saziati”
Il termine “fortezza” (che nel linguaggio comune indica semplicemente un presidio militare!) può essere meglio espresso con i vocaboli forza, decisione, perseveranza, impegno, coerenza, coraggio, tenacia… Anche questo dono ha due dimensioni, passiva e attiva: Fortezza passiva è la forza di resistenza agli attacchi, è non cedere al male; Fortezza attiva è la forza d’attacco, è lottare contro il male a favore del bene.
Gli ideali propostici dal Vangelo, anche applicando tutte le doti umane, sono irraggiungibili. Se vogliamo vivere il Vangelo dobbiamo essere umili e chiedere il dono della Fortezza, che ci aiuta ad avere sempre il coraggio dell’amore e del perdono, della verità, di testimoniare la nostra fede, di avere fiducia in Dio e forza per fare il bene.
Gli affamati e gli assetati di giustizia in senso biblico sono coloro che lottano per il progetto di Dio, seguendo il loro intenso desiderio che questo si realizzi. Sono dunque quelli che hanno bisogno più degli altri di ricevere e sfruttare il dono della Fortezza per poter essere perseveranti nel bene.
PIETA’: “Beati i miti, perché erediteranno la terra”
Solitamente noi usiamo il termine pietà con connotazione negativa. La parola deriva dal latino pietas, che indicava l’amorosa relazione, il legame con la famiglia, con i genitori, con i figli. Il dono della Pietà ci aiuta a vivere la relazione familiare con Dio Padre, relazione di fiducia, affidamento, amore. La tenerezza paterna di Dio verso di noi diventa in noi tenerezza di figli verso di Lui e tenera e delicata attenzione concreta verso gli altri.
Il nostro cuore, invaso dalla bontà e dalla tenerezza di Dio, è guarito da ogni asprezza di parole e di giudizio. La pietas verso Dio Padre comporta la pietas verso i fratelli, per cui diventa capacità di buona relazione fraterna ed è quindi connessa alla mitezza di coloro che non lottano per conquistare la terra ma la ricevono in eredità, perché figli.
TIMOR DI DIO: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”
Timor di Dio non è paura di Dio, ma rispetto e stima verso di Lui, è dare il primato a Dio: se ci può essere sfumatura di paura, è quella di perdere Dio o di offenderlo. Ci si sente piccoli dinnanzi a Lui, per cui si prova un rispettoso amore di figli; si riconosce con umiltà di dipendere da Lui e dalla Sua volontà.
L’atteggiamento del povero in spirito è quello di riconoscere di valere poco di fronte a Dio e di sapere che tutto quello che si ha lo si è ricevuto, e non ci si vanta come se fosse proprio. Il povero in spirito nella sua semplicità si affida solo a Dio, perché non si sente autonomo e indipendente.
don Giampaolo