Ho incontrato la misericordia

 

E’ libro scritto a più mani al quale ha contribuito anche don Giulio, nostro assistente, con un interessante capitolo sul digiuno come linguaggio di conversione. Un testo che nel suo complesso riflette sui sacramenti della guarigione: una proposta di conversione alla quale ognuno è invitato, a prescindere da dove si trovi nella vita e dalla strada già percorsa.

Ho incontrato la misericordiaQuello del convertirsi è un cammino dentro la quotidianità. Ognuno dentro la sua. Seguo la riflessione di Barbara Pandolfi, dal libro “Ho incontrato la misericordia”, edito da AVE nell’ottobre 2014. Negli altri capitoli, il libro affronta, approfondimenti sulla riconciliazione, sull’unzione degli infermi e sulle ricadute spirituali e fisiche dell’approcciarsi a questi sacramenti come occasione di supplemento di Spirito per affrontare le fatiche del vivere.
Nel capitolo in esame “La conversione nell’esperienza di un laico credente” il primo elemento di analisi è l’atteggiamento con cui noi, i cristiani, ci poniamo davanti alla conversione. Qualche volta ci crogioliamo della condizione di giusti già salvati, senza accorgerci che solo cambiando mentalità potremo aprire cuore e mente alla chiamata del Signore Gesù. Dobbiamo ricordarci ogni giorno che non siamo amati perchè perfetti; anzi, proprio grazie alle nostre mancanze potremo gustare la grazia della misericordia del Padre. E proprio in questo siamo accomunati a tutti “gli altri” dell’umanità. L’impegno di conversione deve indirizzarsi quindi verso l’abbandono di alcune convinzioni farisee: essere credenti perchè praticanti, essere fedeli perchè dotati di forza di volontà, essere maestri perchè conoscitori della verità.
Insomma essere già a posto.
E invece, continua Pandolfi, unica certezza deve essere quella di essere bisognosi di Dio e della sua misericordia, incamminandoci in una dimensione di ricerca profonda di noi stessi, delle nostre relazioni e delle fede. Ma questo è un cammino che non si può fare in solitudine. Anche come laici abbiamo bisogno di una comunità di fratelli e sorelle (una compagnia!) con cui condividerlo. E ne abbiamo un segno forte ogni giorno: il ricevere la comunione, mettendoci in fila, tra un popolo di pellegrini, con le mani tese verso l’unico Pane.