Sicuramente ad ognuno di noi sarà capitato di acquistare al supermercato qualche prodotto biologico, magari prodotti tipo pasta o sughi… magari proprio quelli dal marchio Alce Nero… conoscete la sua storia? Oggi voglio presentarvi il padre dell’agricoltura biologica in Italia: Gino Girolomoni.
Quando negli anni ’70 ha dato vita al suo sogno, Gino lo ha chiamato come un leggendario capo indiano, come leggendario capo carismatico sarebbe diventato anche lui, profeta del biologico in Italia. Uno che ha cominciato a ragionare di terra, agricoltura, società in un momento storico in cui le campagne si svuotavano e l’industrializzazione prendeva il largo.
Proprio in quegli anni Gino prese una decisione destinata a cambiare le sorti di un antico borgo marchigiano, ma anche quelle dell’intero settore del biologico in Italia. Trasferirsi nell’antico Monastero di Montebello, luogo altrimenti destinato alla rovina, insieme alla moglie Tullia e al piccolo Samuele: fu solo l’inizio di una rivoluzione che lo avrebbe portato a recuperare presupposti sociali e culturali della civiltà contadina che tutti stavano abbandonando.
Quando nel 2012 è morto Gino, la promessa dell’Azienda è stata quella di portare avanti il suo progetto di sviluppare l’agricoltura biologica nelle Marche, lì sulla collina di Montebello dove tutto è cominciato. Oggi il lavoro è portato avanti con passione dalla nuova generazione – i figli di Gino –, dai soci e dai validi collaboratori, perché il messaggio che è stato ereditato resti sempre vivo: restituire “Dignità alla terra!”.
«Mangiare non è soltanto piantare, raccogliere, trasformare e cuocere il cibo. Mangiare è dono, spiritualità, amicizia, fraternità, bellezza, calore, colore, sapienza, semplicità, compagnia» (da La terra è la mia preghiera. Vita di Gino Girolomoni, padre del biologico). È un libro di Massimo Orlandi pubblicato nel 2014 da EMI (Editrice Missionaria Italiana). È un libro peraltro consigliato come approfondimento della 4ª tappa del sussidio adulti di quest’anno, Fatti di Voce
Alce Nero – cooperativa agricola a conduzione biologica creata nel 1977 al Monastero di Montebello – è stata la sua creatura. «Ho paragonato l’esperienza della Cooperativa alla nascita delle abbazie medievali: si ridava vita a un territorio che, oltre ai monaci, coinvolgeva molte famiglie: contadini, carpentieri, fabbri, muratori, artigiani. E anche allora si sviluppavano innovazioni tecnologiche e mercati. La differenza, non da poco, era che al centro di quel mondo c’era Dio e invece nel nostro mondo abbiamo messo noi stessi: non mi sembra che ci abbiamo guadagnato molto nel cambio».