Parola chiave di ogni periodo storico, in politica, al lavoro, nella vita civile, tutti invochiamo a gran voce uno “stile di legalità”. E’ giusto però ammettere che, talvolta, abbiamo riempito a sproposito bocca e agende di questo monito di vita: la posta in gioco però è alta e quindi vale la pena insistere.
Il libro “Educare alla legalità” di Irene Di Dedda [ed. AVE- 10€] ci aiuta a tradurre una parola che per troppo uso distorto rischia di non esercitare più alcun effetto. Grazie al linguaggio semplice il libro è rivolto oltre che a genitori ed educatori di professione anche ai numerosi animatori delle varie associazioni che, da sempre, hanno un ruolo di primo piano nel collaborare all’introdurre alla “vita buona” i ragazzi loro affidati.
Il libro parte dalla ripresa del significato e del senso di una formazione alla legalità ed entra poi nei luoghi che i giovani frequentano per offrire una lettura di come, da qui, può nascere una educazione capace di modellare persone rette. Per farlo è necessario transitare dalla strada della testimonianza coerente, costante e sincera; solo così formare alla legalità permetterà di appassionare ai valori che rendono la convivenza più bella.
Il luogo d’origine del rispetto reciproco e delle norme si radica nella famiglia, in un crescendo di occasioni di confronto, consci, da entrambe le parti che è giusto che ci siano delle posizioni non negoziabili e altre su cui, invece, il cammino verso la maturità prevede dialogo, discussione, ascolto e partecipazione attiva.
L’incontro con la legalità però avviene anche perdendosi nelle necessità degli altri o facendosi portavoce dei pensieri del gruppo, o, infine, rappresentando i compagni, gli associati, sostenendo le loro richieste, riconoscendo e rispettando il fatto che, in questo caso, si è a rappresentanza. Ecco quindi lo stile che l’autrice propone: quello che fa crescere la consapevolezza del senso del proprio agire, in famiglia, a scuola, nella Chiesa, nelle associazioni: in ogni istante della vita.
L’ultimo ambito trattato è quello dei social—network. L’allenamento delle capacità del ragazzo a proteggersi dalla loro naturale ingerenza nell’intimo deve essere, oggi, elemento imprescindibile dell’educazione. Anche in questo caso piuttosto che l’imposizione di limiti restrittivi o la rinuncia di principio alle opportunità di “navigazione” sarà più educativo l’esempio coerente da parte degli adulti oltre che condividere insieme alcuni passi sulle strade della rete.