Discepoli-missionari per la Chiesa e il mondo

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Domenica 10 aprile le Presidenze diocesane del Triveneto si sono confrontate sul mandato del presidente nazionale Truffelli all’Ac di «aiutare la Chiesa italiana a tradurre l’Evangelii Gaudium nella vita quotidiana», approfondendone alcuni aspetti essenziali.
Ecco alcuni passaggi significativi della relazione offerta da Ilaria Vellani per essere Chiesa e Ac in uscita.

L’Evangelii Gaudium (EG) è il manifesto dell’idea di Chiesa e di pastorale di Papa Francesco, da ripensare, vivere e pregare per essere Chiesa in uscita.

Cosa ne emerge? «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze» (EG 49). Così è anche per l’Azione cattolica, per metterci in movimento: non dobbiamo stare comodi, ma rimettere in discussione tutto, anche se siamo già convinti che facciamo bene e abbiamo buoni risultati; dobbiamo stare in ascolto, avere cura di innescare processi più che di occupare spazi.

Nel Vangelo di Luca (capitolo 24), ascoltato e meditato in questo tempo pasquale, siamo invitati a vivere la risurrezione tre passaggi, che sono utili anche per noi oggi. Il Risorto incontra tre gruppi di persone e li riattiva in modi e luoghi precisi:

– Con le donne riattiva il cuore: le donne cercano Gesù in un posto sbagliato. E noi, cosa cerchiamo? Dove? «Ricordatevi come vi parlò»: ricordare è ridare elasticità al cuore, per fare memoria di quel che il Signore ha già detto. Stiamo facendo memoria dell’incontro con il Signore?

– Con i discepoli di Emmaus riattiva gli occhi: i due discepoli se ne vanno perché hanno perso la speranza, anche se sembrano sapere tutto. Quando incontrano il viandante, ascoltano ma non credono, finché lo riconoscono quando spezza il pane: «gli occhi dei due discepoli si aprirono e riconobbero Gesù». Gli occhi si riattivano; misteriosamente, invece di vederlo meglio, Gesù scompare alla loro vista, eppure, anche se è buio, ritornano di corsa a casa.

– con gli 11 apostoli riattiva l’intelligenza: Gesù deve convincerli che è proprio lui, insistendo nel mostrare il suo corpo (ferito ma risorto); c’è necessità di toccare, di sentire l’altro. «Aprì loro la mente per comprendere» e donò lo Spirito.

Cuore, occhi e mente vengono riattivati da Gesù risorto, superando la nostra fatica di credere.

Con l’Evangelii Gaudium il Papa vuole riattivare questo in noi. Riprendo solo 3 passaggi:

  • EG 20 «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo.»

  • EG 24 «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano»: i 5 verbi della Chiesa/Ac in uscita, da calare dentro la vita parrocchiale e diocesana (e regionale e nazionale) per toccare la carne dei fratelli.

  • EG 27 «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione.»: ripensare per essere adeguati ad evangelizzare, andando oltre la nostra comodità.

Da questi due punti traggo due considerazioni su questo tempo:

  1. Tempo di discernimento
    Essere in uscita non è un’opzione: è il nostro tempo, la vita nostra e delle persone che è in uscita. Il caso più eclatante lo vediamo con i profughi, che cercano un futuro, ma è la condizione esistenziale di tutti. Bisogna allora imparare ad ascoltare la condizione in cui ci troviamo: la fatica ad avere punti saldi, la fragilità (a partire dalla famiglia), la visibilità dei lati più oscuri della vita e della società.
    È potenzialità di scegliere nuovi modi di vivere la fraternità, la prossimità. Non è un tempo per i perfetti, ma per gli incompiuti: ci sentiamo più esposti, dobbiamo cercare risposte, essere consapevoli; e possiamo essere più liberi. Fragilità, vulnerabilità e limite sono il tempo adatto per essere riattivati. Bisogna darsi tempo per farsi riattivare, avere pazienza; aiutare le associazioni che fanno fatica a sentire la bellezza della chiamata. Abbiamo la responsabilità di riattivare il discernimento per dare slancio al nostro futuro.

  • Quali processi vogliamo attivare? Cosa iniziare a seminare?
    È importante tornare all’essenzialità, smascherare i finti ancoraggi, capire cosa ci sta a cuore.

  • Cos’è l’essenziale oggi per l’Ac? Soprattutto nella dimensione parrocchiale e diocesana…

  1. Tempo di segni preformativi
    Sono quei segni che, moltiplicandosi, generano realtà: Papa Francesco sta costellando la sua azione pastorale di segni per raggiungere tutti, per ottenere la cura della relazione personale. Segni generativi (a Lampedusa, in Sardegna, con la lavanda dei piedi) che ci smuovono.
    Anche le nostre diocesi sono chiamate a compiere segni generativi (come ad esempio con i gemellaggi internazionali del FIAC); è uno spazio da vivere.

Andare all’origine di ciò che siamo (EG 120): «discepoli-missionari».

Propongo 4 piste di discernimento, da ascoltare dentro la società/Chiesa/Azione cattolica:
Relazione (EG 88-92), che è «incontro con il volto dell’altro, con la sua presenza fisica, con la sua carne».
Ho letto da poco i risultati della ricerca curata dall’Istituto Toniolo sui giovani dai 20/25 e dai 25/30 anni in rapporto con la fede, pubblicata con il titolo “
Dio a modo mio”: passati per la Chiesa, la maggior parte se ne va e solo alcuni vi ritornano dopo i 28 anni. Tra chi se ne va, nessuno ricorda relazioni significative. Invece noi siamo qui proprio grazie a tante relazioni significative…
Parrocchia (EG 28), che è un’improrogabile forma di evangelizzazione sul territorio. Vale la pena ascoltare cosa sono oggi le nostre parrocchie e che futuro avranno.
Fragilità (EG 209-2016). Quali sono i luoghi di fragilità nella diocesi? Bisogna andare dove la vita è provata e curare la fragilità, per influenzare la dinamiche che ricostruiscono la vita e cercare quale speranza sia possibile.
Poveri (EG 197): cura fisica del corpo e inserimento nelle comunità, cura spirituale (EG 200). Pensare cammini di crescita nella fede, che non possono essere delegati alla Caritas; vicinanza attraverso le Ac parrocchiali.

Essere Ac in uscita è quindi mettersi in ascolto per far entrare il mondo nella vita della Chiesa (come già evidenziato dal Concilio Vaticano II, che riconosce e affida questo ruolo ai laici), per aiutare la comunità nel discernimento, per maturare delle scelte.

(dall’intervento di Ilaria Vellani al Consiglio regionale Triveneto del 10 aprile 2016)