Dall’Assemblea diocesana, gli interventi del Vescovo Lauro

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Dall’omelia del Vescovo Lauro
Assemblea diocesana elettiva, 28 gennaio 2024

Alcuni spunti di riflessione legati alla liturgia della domenica

Lo stupore

C’è un deficit di stupore e di meraviglia; l’entusiasmo non ci meraviglia più… Lo stupore è vita, è cogliere la realtà fuori da se stessi.
Ognuno è fatto dalle mani dell’altro, dietro ogni cosa ci sono volti e mani di altri.
Essere come bambini, che sono capaci di meraviglia. Questa meraviglia è rimasta in noi, nelle chiese?

La Parola e le parole buone donano vita

A creare stupore è la Parola, che può essere luogo creativo dove passano la vita e il futuro; le parole buone generano vita e serenità, dobbiamo distinguere tra parole creative e parole vuote, malvagie. A volte le parole degli uomini sono diaboliche, anche nelle nostre comunità, a volte anche sulle nostre labbra (vedi lo spirito impuro, secondo cui qualcuno non è il mio prossimo): vivi facendoti prossimo, accessibile, senza nemici, senza scartare nessuno; diventa abbraccio, sorriso, fratello e sorella.

Farsi prossimo

La nostra vita dimostra che non abbiamo accettato di essere tutti fratelli e sorelle… l’Eucarestia ci toglie lo spirito impuro, ci dona al mattino qualcuno da cui andare e la sera qualcuno da ringraziare.
Farsi prossimo non è un dovere o un’operazione etica, è questione di vita e di morte, è decidere se si vuole vivere o morire, è scegliere. Nessuno può farsi prossimo da sé, è dono del Risorto.
Dio ci doni i lineamenti di Gesù nel rendersi dono e gratuità. Ogni giorno incontriamo uomini e donne che al vivere per se stessi sostituiscono il farsi prossimo.

Dall’intervento del Vescovo Lauro all’Assemblea

Prendo ispirazione dalla Parola di Dio, dal testo che userò a Pasqua per l’indizione delle visite pastorali (con una lettera per motivare le azioni pastorali, di cui vi racconto in anteprima qualche anticipazione…)

Lettura del brano di Luca 10, 1-12

Vi lancio alcune provocazioni:
– in reazione all’ascolto della Parola non dobbiamo chiederci “che cosa devo fare”, perché è una domanda diabolica;
– abbiamo un’idea di Dio sbagliata, che ci fa sbagliare anche nelle relazioni:
– metà del pessimismo di cui siamo vittime è perché non partiamo dalla Parola di Dio.

Vi racconto Dio, che è un inguaribile ottimista: non si concentra sugli operai, che sono pochi, ma sulla messe, che è abbondante ed è già presente, non dobbiamo cercarla.
Citando uno scritto di don Giampaolo, non andiamo verso la fine, ma verso il fine, che è la luce, la speranza, la vita, il Regno di Dio, la prossimità. Sono le persone che generano bellezza ed edificano il Regno e ogni discepolo, ogni membro di Ac deve avere questo sguardo, altrimenti è malato e sogna solo il potere… vivere con gratuità, farsi prossimo, fare i gesti del discepolo.
Il Regno è già piantato, noi dobbiamo solo trovarlo, cercarlo. Per la Chiesa questo è un momento bellissimo, perché non fa performance, ma è di cercatori.

In Ac ammiro la crescita della collaborazione diocesana (ad esempio per il percorso formativo con la Scuola Diocesana di Formazione Teologica);
 ringrazio l’Ac per la crescita in questi anni e per l’assistente nuovo, che ama l’Ac, anche con competenza teologica e con animo allegro. 
L’Ac oggi è un granello di senapa che ha prodotto più delle sue capacità.

E poi il valore dell’andare disarmati, senza artigli (senza potenza, senza vantarsi). I lupi sono previsti, il Regno soffre violenza, il contesto è di fatica e di travaglio del parto, di tensione. Ma andiamo armati solo della voglia di essere dono per gli altri; se non mi faccio prossimo danneggio me stesso.
Leggendo i segni dei tempi, c’è bisogno di tornare umani e il voler bene è vincente. Offrire pace, perdono e dialogo non è spontaneo: vogliamo la pace dentro di noi?

Auguro all’Ac di disarmarsi dentro e di disarmare la Chiesa, con il Vangelo in mano. 
Avanti tutta con il Vangelo in mano, con l’umanità di Gesù e mostrando il volto di Dio, quel Dio capovolto che sceglie di morire per gli altri.

Avere il Vangelo in mano/l’umanità di Gesù è indossare il grembiule, stare in basso, gratuità, seminare sui sassi, non aver paura di sbagliare, abbracciare il nemico, regalare il perdono e il coraggio. È il lavoro che sta facendo Papa Francesco, che narra Dio all’uomo di oggi.