Condividere la vita

L’autore, che si occupa per studio e lavoro di situazioni legate al disagio e alla marginalità, ci accompagna nella declinazione di tre termini “tradizionali” come legami, cura ed educazione, in contesti nuovi e contemporanei. Il libro è stato edito da AVE nel 2018

Quella che viene qui presentata è una ricca riflessione che cerca di dare spunti per un nuovo modo di testimoniare il nocciolo della fede, il valore dell’incontro personale e buono, che apra al futuro in una società dove le strutture educative, di prossimità, di affetto sembrano non avere più presa. Mi pare si possa trovare spunto di approfondimento del tema aperto nella nostra Giornata Unitaria di gennaio sull’essere testimoni della fede. Nel libro sono presenti, tra i molti stimoli, due sollecitazioni che avevamo condiviso anche in sala: in primo luogo il valore dell’incontro come possibilità educativa e in seconda battuta la necessità di identificare nuovi luoghi ove vivere l’essere testimoni. Lizzola sostiene che l’ambito della cura è prezioso luogo di incontro sia per chi vi entra come bisognoso, ma anche per coloro che spesso, senza merito, sono i sani che hanno in consegna la vicinanza, la malattia, il tempo dell’attesa della fine o la ripresa delle forze. Per quanto riguarda il tema educativo, invece, l’autore propone di riscoprire i luoghi di origine della formazione dei giovani: invita a capire perché essa sia per gran parte acquisita all’esterno dell’ambito scolastico e a ripensare stili di programmazione e contenuti con maggiore aderenza alla realtà, non rinunciando ad incontrare a viso aperto e in modo personalizzato, nelle loro storie, gli stessi giovani. Le due sfide ecclesiali che propone l’autore, oltre a questi due ambiti più “sociali”, sono: la prima di riappropriarsi degli oratori come luoghi educativi, dove “le cose” che si fanno abbiano una matrice riconoscibile nel desiderio di … pulire il futuro per tutti coloro che le frequentano. La seconda di non smettere di lavorare insieme (altro tema caldo!) giovani e adulti, per la crescita dei più piccoli. Se i giovani (non solo loro) saranno accompagnati a vivere fuori di sé, potranno forse maturare più agilmente atteggiamenti di rispetto, tolleranza, responsabilità per rendersi pronti ogni giorno di più a vivere e condividere la vita.