Comunità educanti che accompagnano

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Il 3° incontro del corso “Accompagnare” è stato un dialogo con Damiano Tommasi e Federica Costantin su come accompagnare i giovani all’interno di una comunità, rispettivamente il mondo dello sport e la comunità ecclesiale.
Nello stile della tavola rotonda, i due ospiti sono partiti da alcune domande per raccontare la loro esperienza, lo stile educante del loro ambiente di vita e per dare alcuni spunti di riflessione.
Ecco alcuni punti salienti dei loro interventi.

Chi aiuta/vi ha aiutato a crescere

Federica: accompagnare da educatore è – come afferma Papa Francesco – essere artigiani di comunione ecclesiale… e gli artigiani fanno cosa belle. Accompagnare per essere accompagnati, nella propria dimensione di vita e di servizio.

Damiano: accompagnare, prima di tutto da genitore, è mettersi a fianco (né davanti, né dietro).
Nel sistema sportivo dirigenziale è riaccompagnare le professionalità nel tessuto sociale al termine della carriera, è formazione e accompagnamento durante e dopo l’impegno agonistico o dilettantistico; è fare formazione nell’attività giovanile, nella scuola e nel mondo del calcio. Il calcio per far crescere prima di tutto come cittadini. Per gli allenatori, l’Associazione Italiana Calciatori ha predisposto anche un Manuale dell’allenatore junior.
Accompagnare è anche sentirsi accompagnati dai sogni e dall’energia dei ragazzi.

La comunità educante

Damiano: l’aspetto organizzativo dello sport è lontano dalla vita delle persone, perché emergono e vengono premiate solo le discipline olimpiche, dando valore al rendimento e al talento più che alla vita delle persone.
Gli allenatori hanno un grande impatto sulla vita dei ragazzi; l’adulto ne è responsabile… purtroppo spesso i ragazzi scelgono lo sport per opportunità, più che per passione, poi abbandonano l’attività sportiva nell’adolescenza perché non si sentono protagonisti e vengono lasciati in panchina.
Obiettivo di ogni società sportiva è continuare l’attività, accompagnando i giovani a diventare allenatori e dirigenti di domani.
Lo sport è educante perché abbatte le barriere culturali e sociali; serve sensibilità di dirigenti e genitori, e buona volontà (che non viene mai premiata). Tanti successi e attività che fanno crescere passano attraverso la “condivisione dello spogliatoio”.
Lo sport è un’ottima comunità educante, ma purtroppo in ambiti di nicchia.

Federica: sono educatrice perché ho avuto educatori bravi.
La comunità ecclesiale è in crisi come comunità educante perché riduciamo tutto a “non abbiamo più giovani in chiesa”, che per noi corrisponde a “non ci sono più giovani”, così il cerchio si chiude su giovani “bravi”; ma i giovani ci sono…
La comunità è accogliente se
– genera famigliarità
– dialoga con la vita dei giovani: gli adulti non hanno lo stesso linguaggio dei giovani, ma possono trovare punti di contatto con la loro vita (convivere nei luoghi della parrocchia, giocare e fare attività insieme) e condividere un’esperienza di servizio che sia anche gratificante.
Parlare con il linguaggio della vita dei giovani significa:
– chiamarli per nome
– fissarli negli occhi
entrando quindi in un rapporto di empatia. L’adulto resta con loro, poi è per loro; sta con loro senza essere come loro, è là per loro ma senza giudicare.
Sappiamo leggere i limiti che ci sono posti per capire dove stiamo andando? (vedi Atti 16)

Il valore educativo dello stare insieme

Federica: l’esperienza buona del fare insieme passa attraverso la riflessione sul fatto che il bisogno dell’altro viene prima del mio bisogno, e io ne sono responsabile.

Damiano: lo sport è mettersi in gioco con gli altri (anche negli sport individuali); la capacità di fare squadra è un valore che poi è prezioso anche nel mondo del lavoro (team building)… sono sempre le squadre quelle che funzionano, e anche la sconfitta ha un valore formativo.
Leggendo i dialoghi tra Papa Francesco e il rabbino capo della comunità di Buenos Aires emerge che il dialogo non inizia dall’ascolto, ma dal fare spazio all’altro. Noi non siamo al centro, ma una parte di qualcosa che è più grande di noi. Le partite si vincono se c’è gioco di squadra, ognuno secondo il proprio ruolo.
Fin da bambini, lo sport educa; ad esempio, nel rugby il portatore di palla corre davanti a tutti, di fronte ha tutti gli avversari ma non è solo, perché sa che ha tutta la squadra dietro e ha fiducia nei suoi compagni.
Nel Dipartimento Junior dell’AIC è partito un progetto con l’associazione “Avviso Pubblico” per l’integrazione e la lotta al disagio sociale: si usa lo sport per parlare di regole ai ragazzi, unendo valori e aspetti tecnici, coltivando
– fiducia (verso chi ti passa la palla)
– coraggio (nel portare a termine l’azione, che è azione conclusiva di tutta la squadra)
– responsabilità
Lo sport educa ad accorgersi di chi è in difficoltà, ad aiutarsi tra coetanei; è importante che i giovani sentano quel luogo dove sono come luogo loro, quel risultato che ottengono come risultato loro.
Abbiamo perso la fiducia negli adolescenti, dobbiamo reimparare ad entrare in sintonia con loro.

La dimensione della fede

Damiano: la dimensione della fede di un personaggio pubblico è complicata, spesso si evita di esternare la fede per non essere strumentalizzati. Ognuno rispetta le proprie convinzioni religiose – così come coltiva gli affetti famigliari – lontano dai riflettori.
Vivere con questa ancora fa bene all’atleta, gli dà equilibrio.

Federica: per trasmettere la fede nella comunità bisogna non essere autoreferenziali, ascoltare di più il mondo, ascoltare di più Damiano…
Perché “il Vangelo arriva là dove non penseremo mai di portarlo”.
Per accompagnare nella fede serve
* testimoniare una relazione personale con il Dio di Gesù Cristo: avere un volto di gioia, di chi sta bene con se stesso, con gli altri e con Dio; scoprire il valore della vicinanza
* il metodo giusto (vedi Evangelii Gaudium):
– riconoscere la realtà con atteggiamento di umiltà e di vicinanza (che fa uscire dall’anonimato)
– ancorare la realtà alla regola, che per i cristiani è la Parola di Dio (che cresce con chi la legge)
– scegliere secondo la situazione e il buonsenso, con l’atteggiamento dell’accompagnare (che viene prima del guidare), che è lavorare insieme, lasciar sperimentare e andare là dove è l’altro.
Bisogna spendersi e andare incontro alle loro esigenze, rassicurare e farli sentire conosciuti e accolti.

Un libro, canzone o film da segnalare

Federica: la canzone di Niccolò Fabi “Una buona idea” (nelle situazioni in cui ti senti orfano, basterebbe essere padre di una buona idea, da adulti chiamati a generare e tracciare solchi); il libro “Storia di una lumaca che scoprì il vantaggio della lentezza” (il loro nome impresso nel nostro cuore e la gioia del loro nome).

Damiano: il libro “ Goals. 98 storie + 1 per affrontare le sfide più difficili” di Gianluca Vialli; il film “Ritorno al futuro”; il gesto per i genitori del far portare la borsa ai figli (costa forse un po’ di fatica, soprattutto per le mamme, ma è importante, perché è sua, e l’attività sportiva è sua).