La neve, il Natale, un nuovo anno che inizia, il fuoco acceso, il maglione di lana a collo alto, l’attesa di incontrarsi. Sono solo alcuni degli ingredienti che sento speciali di questo periodo insieme a quello più importante: il tempo che ancora mi viene donato. Tempo che a volte trascorro, immersa in un libro e in una coperta, avvolta nel vapore-profumo della tazza di tè.
Il libro è quello che ho pescato dallo scaffale nel mio rito di inizio Avvento: recupero un libro in tema con il periodo, lo spolvero, lo metto lì sul comodino e piano piano lo rileggo. Quest’anno mi sta accompagnando “Beata te che hai creduto” di Carlo Carretto, scritto durante un suo periodo di vita nel deserto: è una rivisitazione del mistero di Maria, non più un personaggio a cui riservare un culto ma la compagna del cuore, la sorella nella fede.
Eccone un breve paragrafo:
“Scendeva la notte. Fuori la tempesta continuava a imperversare sul deserto. Oramai nella grotta tutto era silenzio. Le pecore riempivano lo spazio disponibile.
Alì dormiva […]ai piedi aveva due agnellini.
Io pregavo ripetendo a memoria il vangelo di Luca: “Ora, mentre si trovavano in quel luogo si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo”
Tacqui e rimasi in attesa.
Maria diventò la mia preghiera e me la sentii vicina vicina […] Non avevo più bisogno di meditare: bastava contemplare in silenzio. Avevo tutta la notte a disposizione e l’alba era ancora lontana”