Dall’incontro del 25 ottobre 2018, polo culturale Vigilianum
“Associazionismo e solidarietà in Trentino. L’Azione cattolica trentina: storia di apostolato e cultura”
L’Azione cattolica trentina ha scelto di festeggiare i 120 anni dalla fondazione valorizzandone il patrimonio culturale, educativo e di relazione tra le persone:
– i documenti conservati e catalogati presso l’Archivio Diocesano Tridentino, che ha curato la mostra storica (esposta presso l’area espositiva del 2° piano del Vigilianum a Trento e visitabile fino al 21 dicembre) per mettere in luce la storia, le persone, le vicende, i cambiamenti e l’influsso nella società e nella Chiesa
– la vita associativa: nella trama della storia e nell’ordito della situazione sociale ed ecclesiale è andato costruendosi il tessuto associativo, un abito a noi adatto, fatto su misura, cucito da abili sarti per custodire, scaldare e avvolgere. Abbiamo dato voce ad alcune testimonianze associative e al racconto della nascita, del carisma e degli intrecci associativi
– la ricchezza e in valore del cammino di fede e di impegno sociale nello specifico della realtà trentina.
L’incontro del 25 ottobre è stato introdotto dal referente dell’Area Cultura dell’Arcidiocesi Leonardo Paris, con un breve approfondimento sul valore dell’essere associazione.
Riconoscendo che fare le cose insieme è spesso faticoso e che la religione e il rapporto con il Signore sono considerati momenti intimi e individuali, perché fare le cose insieme?
Non solo e non tanto perché “l’unione fa la forza”, per fare massa critica e corpo unico; teologicamente, si possono individuare 2 motivazioni:
1. Il Dio cristiano è un Dio trinitario: vive nella relazione, non agisce da solo.
Questo fa sorgere anche una considerazione sul nostro destino eterno: nell’ultimo giorno incontreremo una comunità, un gruppo, saremo chiamati ad un banchetto comune; questo significa che le nostre relazioni sono destinate ad essere eterne, nel bene e nel male (da un lato ritroveremo le persone con cui siamo stati in relazione, dall’altro non finisce e non passa la fatica del sopportarsi e del fare insieme)
2. Guardando alla vita terrena di Gesù: la società ebraica si percepiva come un gruppo e Gesù stesso fonda un gruppo, una piccola associazione.
Accettare di fare le cose insieme quindi è implicito nella incarnazione di Gesù e nella nostra stessa natura; è il nostro grande compito e destino.
Don Severino Vareschi, storico e docente di Storia ecclesiastica presso lo Studio teologico Accademico Tridentino, ci ha poi illustrato con rapide e vivaci pennellate la storia Movimento sociale cattolico in Trentino, a partire dalla situazione sociale, ecclesiale e politica.
Il suo intervento si è articolato in un percorso guidato su 4 ambiti:
– il contesto sociale ed ecclesiale in cui è nata l’Azione cattolica (anni 1860-1924)
– le figure guida di riferimento
– le finalità dell’associazione e l’ampiezza della proposta
– lo snodo del 1924 (in cui l’Ac trentina confluisce nell’ACI)
LA NASCITA DEL MOVIMENTO SOCIALE CATTOLICO
Il Movimento cattolico nasce non come Azione cattolica, ma come azione dei cattolici nella società e nella Chiesa dell’epoca; nasce dai cambiamenti politici e sociali dopo il 1850, per reazione alla modernità, al liberalismo e alla caduta del potere temporale del papato: i cattolici non hanno più la copertura statale e giuridica e lo stato laico, libero e pluralista suscita condizioni nuove, con una maggior autonomia dei cattolici (soprattutto in Trentino, con l’allentarsi della copertura dell’impero austroungarico, che ne tutelava lo sviluppo). Nasce dal basso, in maniera inaspettata anche per la gerarchia ecclesiale (che rimpiange la cristianità del passato): la condizione sociopolitica è una molla per i laici, dagli strati più benestanti fino a quelli popolari.
In Italia nel 1874 nasce l’Opera dei Congressi (soprattutto in Veneto e Lombardia); in Trentino nel 1898 viene fondato il Comitato diocesano di azione cattolica. Il Movimento cattolico è più accentuato in Germania e Austria, soprattutto in Renania, per la duplice sfida della società moderna e del confronto con la religione di Stato (la Prussia è luterana). Nel 1890 in Germania nasce l’associazione popolare cattolica, autonoma rispetto alle parrocchie (fino all’epoca fascista, quando l’associazionismo laicale tedesco entra nel tessuto parrocchiale).
Anche il Movimento cattolico trentino è inizialmente autonomo rispetto alle parrocchie; nasce sulla spinta dei problemi economici e sociali (agricoltura in crisi, tagliata fuori dai mercati e colpita da ingenti dazi; emigrazione e povertà), con la necessità di organizzarsi e l’impossibilità di avere agevolazioni bancarie (con la piaga dello strozzinaggio). Grazie all’azione dei sacerdoti, con un buon livello di cultura e un ruolo amministrativo attivo (secondo l’ordinamento giuseppino), i cattolici si dotano di strumenti economici minimi, le casse rurali (dal modello renano): istituti di credito a responsabilità illimitata, che richiedono un consenso sociale e una fiducia reciproca, che viene appunto agevolata dai parroci. L’azione dei cattolici è quindi già molto attiva ben prima del 1924.
LE FIGURE GUIDA DI RIFERIMENTO
Prima di tutto bisogna citare i preti, proprio per la tradizione giuseppina che li aveva responsabilizzati e aveva dato loro un buon livello culturale.
A partire dai fondatori del Comitato diocesano di azione cattolica, Guido De Gentili e Celestino Endrici, grazie all’ispirazione data dal lungo pontificato di Leone XIII (1878-1903), che apre un dialogo e una sensibilità verso la modernità dopo il pontificato di Pio IX (che aveva chiuso la Chiesa contro l’eresia della modernità). Pur riconoscendone le criticità, Leone XIII dialoga con il liberalismo, con un atteggiamento di intransigentismo capace di discussione (vedi sue encicliche, fino alla Rerum novarum).
I due preti trentini assorbono questo clima nei loro anni di studio a Roma e nel 1890 sono entrambi a Trento; De Gentili prende subito in mano la Voce Cattolica, favorendo attraverso lunghi e articolati articoli la divulgazione della dottrina sociale della Chiesa. In Trentino è particolarmente importante il valore della stampa cattolica, che è ad ampia diffusione (la prima finalità del Comitato è proprio permettere e favorire la stampa, formando così i laici sul territorio).
Tra i laici spicca Emanuele Lanzerotti, fondatore della cooperazione sociale (indicativo il nome dato di “famiglie cooperative”); si sviluppa tutta una rete cooperativa, che coinvolge anche la produzione e distribuzione dell’energia elettrica e i trasporti (vedi ferrovia Trento-Malè). E poi Acide De Gasperi, giovane studente allevato e cresciuto sotto l’ala di Endrici: a 24 anni, tornato dagli studi a Vienna, assume subito la direzione del quotidiano Voce Cattolica, che già l’anno dopo diventa Il Trentino per sottolineare che è voce di tutti.
* De Gasperi ne manterrà la direzione fino al 1925, quando si ritira dal giornale per evitare ritorsioni politiche fasciste). Significativa la passione e la densità spirituale di De Gasperi, che traspare soprattutto dalle lettera dal carcere dirette alla moglie.
Allo stesso tempo anche il giornale Fede e Lavoro, scritto quasi tutto in dialetto, diventa La Squilla, con la deconfessionalizzazione delle testate cattoliche, di grande efficacia per raggiungere tutti e aumentare il livello culturale popolare.
I due Congressi cattolici trentini del 1902 e del 1912 sono una parata del mondo cattolico; ma si coglie il pericolo che le opere sociali ed economiche prevalgano sull’ispirazione cattolica.
Nel 1904 nasce l’Unione politica popolare del Trentino e con la novità del suffragio elettorale maschile (non più per censo) già nel 1907 il partito popolare trentino vince 7 seggi su un totale di 9; di questi 7, 3 sono preti, 4 laici.
Accanto a questi, da ricordare anche alcune donne: Anna Menestrina, presidente delle Donne cattoliche; Maria Nardelli e Giuseppina Angelini (esperta di musica sacra).
LA MOTIVAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE CATTOLICO
Lo scopo era mantenere in Trentino una società cristiana in un’epoca ormai liberale e anticlericale, secondo Endrici con maggiori chance rispetto alla Lombardia. Come nel modello francese del movimento cattolico, in Trentino il laicato è una forza imprescindibile per la presenza negli ambienti (non rami e divisione per età, ma nelle diverse professioni e ambienti di vita).
* vedi discorso di Endrici all’Assemblea delle Federazioni nel 1926, in un clima di preoccupazione per le limitazioni all’azione sociale dei cattolici; in occasione della prima celebrazione della Festa di Cristo Re, per sottolineare che il Regno di Cristo non è solo spirituale ma anche sociale; di fronte ad un governo che sta diventando regime, la Chiesa diventa proposta alternativa organizzata, associata e con un patto sociale. Endrici sottolinea, con il linguaggio del tempo, che i cattolici sono chiamati a “militare in Cristo Re” con un apostolato religioso (con tutta la forza della tradizione e diffusione nei vari circoli trentini) ma anche sociale (non solo difensivo, ma costruttivo, una forza attiva e positiva: instaurare “omnia in Christo”).
Il fine formativo è la “partecipazione dei laici alla missione della Chiesa; a differenza di quanto espresso da Papa Pio IX nel 1922 (che parla più riduttivamente di “collaborazione” dei laici nella Chiesa), “partecipazione” dei laici esprime un rapporto più forte e genuino, autonomo anche se pur sempre sotto la gerarchia ecclesiale.
Il Concordato del 1929 è sotto questo aspetto propositivo nella volontà di attestare e preservare l’identità cattolica, che diventa completa con il Concilio Vaticano II, in cui la partecipazione dei laici non è più di delega o incarico (e non più esclusivo e prioritario di Azione cattolica), ma vocazione di tutti i battezzati.
Si rivendica il ruolo educativo e formativo verso i giovani, in reazione all’organizzazione istituzionale dei Balilla (con le Fiamme rosse, bianche e verdi), con un’opposizione che sfocia anche nella violenza nel 1931.
* Endrici aspetta 3 anni per nominare gli assistenti spirituali dei Balilla come segno di non legittimazione del regime.
L’Ac ha un grande ruolo e influsso sui giovani nelle parrocchie, anche nel secondo dopoguerra (“i pastori curino con passione particolare la gioventù”). Già nel 1871 nasce a Trento (con una formula non realizzata pienamente) il Circolo della Società della Gioventù Cattolica Italiana per il “ravvivamento della fede” e per “eccitare il senso cattolico” nei giovani dai 15 ai 30 anni di età. Seguono l’Unione cattolica universitari e la FUCI e le Società agricole operaie cattoliche che sono delle forme di azione cattolica di base nelle valli: non enti economici e sindacali, ma circoli di formazione.
LO SNODO DEL 1924
Il Movimento cattolico trentino era più antico dell’Ac italiana (che nel 1923 è forte perché sostenuta e incoraggiata da Papa Pio XI); in particolare, le donne erano già molto organizzate e autonome, fin dal 1908, anche perché riconosciute dall’impero austroungarico (anche per il possesso di beni, a differenza di quanto avveniva nell’ACI).
Nel 1920 De Gentili (presidente dell’associazione trentina dal 1905 al 1926) tratta con i presidenti nazionali, allora disponibili ad una federazione piuttosto che ad una fusione (a cui Trento non è disposto, anche per una struttura diversa, meno clericalizzata); però in seguito ai nuovi statuti del 1923 diventa d’obbligo uniformarsi e nasce il Comitato diventa Giunta diocesana.
Con il fascismo l’attività si riduce, ma il regime non riesce a soffocare e comprimere l’associazionismo, che permane anche se in forme più clericalizzate; dal 1931, liquidati gli ex popolari, c’è una grande vivacità e le attività rifioriscono con una nuova generazione giovane (Berlanda, Odorizzi, Pancheri) che si impegna nel tessuto sociale, facendo crescere persone formate, impegnate nel sociale, nella politica e nell’animazione ecclesiale.
CONCLUSIONI: e oggi?
L’Ac oggi è augurabile!
L’Ac degli anni ’50 era diventata troppo intruppata, pervasiva, politicizzata, pur se decisiva e fondamentale in ogni strato della popolazione (Gioventù Femminile e Unione Donne in particolare hanno avuto un ruolo chiave nella formazione ed educazione delle nuove generazioni). Il vescovo De Ferrari ama tantissimo l’Ac, che però ormai deborda e ha troppo potere e omologazione (nel 1957 63mila iscritti, più del 10% della popolazione e del 25% delle ragazze e donne) con una presenza capillare e un attivismo imponente. L’equilibrio si rompe; con il Concilio Vaticano II si dà valore al laicato cattolico in quanto battezzato; la realtà sociale diversa degli anni ’60 si ritorce contro una tradizione di cui ci si vuole disfare. Non si parla più di tesseramento, ma di associazioni spontanee e di movimenti, che sono però permeati da persone di Azione cattolica (non più tesserate ma ugualmente attive): nell’apostolato di forma nuova partecipano le persone che si sono formate in Ac, anche se si è squagliata l’organizzazione.
E ce ne accorgiamo ora, in cui si è estinta quella generazione cresciuta nelle fila dell’Azione cattolica ed emerge forte la necessità di avere laici formati e responsabili che animino e mantengano vive le comunità sul territorio.