Allenatrice oltre confine

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L’esperienza di Alessandra Campedelli, allenatrice di pallavolo, da Mori rilanciata sulla scena nazionale come allenatrice della squadra femminile di ragazze sorde e poi chiamata come commissario tecnico della nazionale di pallavolo femminile iraniana (pubblicato su Camminiamo Insieme marzo 2023)

Iniziamo con una tua presentazione: come ti sei avvicinata allo sport della pallavolo e come questo ti ha formata nella tua crescita umana?

Fin dalla tenera età ho praticato sport. Ho deciso di fare dello sport una parte integrante della mia vita e di quella dei mie figli.
Credo nei valori che lo sport, se proposto con sapienza, saggezza e competenza, può promuovere e far maturare nei giovani. 
Credo che l’attività sportiva possa rappresentare un prioritario veicolo per la costruzione di competenze che io ho sviluppato nel tempo in prima persona e che per ogni ragazzo possono rappresentare punti di forza e abilità spendibili poi nella vita, come ad esempio:
• problem solving: affrontare e risolvere in modo costruttivo i problemi quotidiani;
• un pensiero critico e creativo: analizzare la situazione in modo analitico, esplorando le possibili alternative e trovando soluzioni originali;
• una comunicazione efficace: esprimersi in modo appropriato alla situazione e all’interlocutore, sia a livello verbale sia a livello non verbale;
• empatia: riconoscere e condividere le emozioni degli altri;
• una sana gestione delle emozioni e dello stress, prima di tutto da riconoscere e quindi da regolare;
• la dimensione collettiva: ci si trova dentro un sistema di valori e credenze condivise da un gruppo, con la tensione a realizzare obiettivi comuni.
È proprio tenendo ben presenti questi obiettivi che svolgo da sempre attività di volontariato nel contesto sportivo e mi dedico allo sport avendo ben chiaro quanto esso possa rappresentare un importante strumento di crescita.

Sul valore del gioco di squadra, Alessandra risponde con le parole di Papa Francesco, che lo scorso anno ha avuto la fortuna di poter incontrare

Non esiste solo la dimensione individuale, ma si è parte di un gruppo: ognuno è chiamato a dare il proprio contributo perché si possa vincere insieme. I giocatori di una squadra sono come le membra di un corpo: san Paolo dice che se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui (1 Cor 12,26).
In un mondo dove si sgomita per apparire e per emergere a tutti i costi, dove l’io viene prima del noi, dove si scarta chi è debole e improduttivo, lo sport può essere segno convincente di unità, di integrazione, e può lanciare un messaggio forte.

Volley, Dalla Nazionale sorde all'Iran: la sfida di Alessandra Campedelli -  La Gazzetta dello SportHai fatto anche esperienza nell’ambito dello sport paralimpico: cosa ti ha dato, come persona, come madre, come atleta, come allenatrice?

Mi ha dato l’opportunità di conoscere persone splendide, realtà che sono poi diventate per me esempi importanti, trainanti.
Mi ha aiutata a rimettere in ordine le priorità e i valori, a rimettere tutto in discussione… e a riscoprire ciò che realmente c’è dentro di me.
Mi ha costretta a rimettermi in gioco e ad uscire dalla mia zona di comfort per evolvermi: come persona, come mamma, come insegnante, come allenatrice.

Cosa ti ha portata ad allenare in Iran?

Sono partita per l’Iran all’inizio del 2022 sperando di poter aiutare le donne iraniane a crescere nella consapevolezza di potercela fare, di poter essere riconosciute come capaci di fare cose grandi.
Ero davvero convinta che con un aiuto dall’esterno alcune cose sarebbero potute cambiare.
Mi sbagliavo. Mi sono accorta che stavo lottando contro i mulini a vento, che non c’era reale volontà di cambiamento.

Quale bagaglio di esperienza ti sei portata di ritorno, per la tua quotidianità e la tua professione di insegnante?

La cosa più evidente che mi ha lasciato questa complessa esperienza e che vorrei poi lasciare come testimonianza ai nostri giovani è che qui, in Italia, tra mille indubbi problemi e cose da migliorare, siamo comunque fortunati.
Abbiamo ancora tanta strada da fare e ci dobbiamo tutti impegnare in questo, ma nella consapevolezza che noi siamo liberi di parlare (anche se lo dobbiamo fare con educazione!), che siamo liberi di scrivere (anche se rischiamo di diventare leoni da tastiera), che siamo liberi di scegliere cosa leggere e cosa ascoltare, liberi di cantare per strada, di andare in palestra uomini e donne insieme, di vestirci come riteniamo consono alla situazione, di dire la nostra, di protestare pacificamente, di avere e manifestare le nostre idee, di professare la religione che scegliamo, di manifestare il nostro affetto e le nostre emozioni anche in pubblico, di coltivare le nostre passioni.
Siamo liberi di stringere la mano ad un uomo per ringraziare o per salutare.
I nostri ragazzi, qui, hanno la possibilità di avere un’istruzione che li rende cittadini liberi di pensare, di agire: questa opportunità va sfruttata al meglio, va vissuta con consapevolezza.
Non sono cose scontate.

Sport e fede riescono a camminare insieme ? Quale contributo possono, reciprocamente, condividere?

Mi è sempre piaciuta l’idea di «essere sale e luce per gli altri» fin da quando, durante un campeggio dell’Azione cattolica, da bambina, ho potuto ascoltare seduta in un prato il passo del Vangelo che ne parla (Mt 5,13-16).
Rileggo spesso la Parabola dei Talenti (Mt 25, 14-30).
Risuona dentro di me quell’ I care professato da Don Milani: ho a cuore, «mi importa», mi prendo cura, mi occupo…
Ecco, credo che il mio dedicarmi allo sport, il mio dedicarmi agli altri nello sport derivi proprio da qui e dal mio percorso di fede interiore.
Credo di aver scelto lo sport per arrivare a quanti più giovani è possibile, per far loro sperimentare questi valori: sono dei mattoncini importanti per costruire le fondamenta della loro vita di uomini, donne, cittadini liberi, consapevoli e attivi.

Cosa senti che in te è cambiato dopo questo anno vissuto intensamente?

Credo di avere imparato ad apprezzare in modo ancora più significativo ciò che ho qui: le persone che mi vogliono bene senza pretendere qualcosa da me, senza provare ad usarmi per trarre vantaggi.