Dalla relazione di Leonardo Paris martedì 22 ottobre 2019 al Vigilianum, ultima serata del corso per accompagnatori di giovani “Accompagnare”
Per educare è considerato logico toccare il cuore, la sensibilità della persona; ma coinvolge anche la dimensione intellettuale (la testa) e la pancia, dimensione della passione e dell’istinto. Il desiderio raccoglie in sé tutti tre questi aspetti: coinvolge la testa (fa conoscere), il cuore (muove l’amore) e la pancia (ha in sé le pulsioni e le emozioni); chi accompagna dovrebbe tenerlo presente…
Alla luce del desiderio, che nasce come concetto filosofico moderno, le persone diventano ciò che sono perché desiderano (vedi Hegel; il desiderio come relazione tra le persone, se non c’è relazione non c’è neanche il soggetto); la dinamica del desiderio si basa sul riconoscimento reciproco (Kojeve; il desiderio come desiderio dell’altro). Infine, secondo la filosofia di Sartre, se per esistere devo ricevere qualcosa dagli altri, da solo non sono niente: il soggetto, preso singolarmente, è vuoto, tutto è ricevuto dagli altri (da cui siamo dipendenti).
Per questo, nell’accompagnamento si può considerare l’altro come “seme” (che ha in sé tutto quel che gli serve e necessita di aiuto per portarlo a maturazione e compimento) o come “sacco vuoto”, da riempire. Nel secondo caso, le relazioni sono la sostanza che dà forma alla persona (come è evidente anche dal pensiero cristiano); il soggetto è soggetto di desiderio, che inizia senza niente e deve trovare qualcosa all’esterno: guardare verso l’esterno per riempire la propria vita.
Da un punto di vista psicologico, l’autore di riferimento è il francese Lacan (a cui fa riferimento anche il noto psicanalista italiano Recalcati): la persona parte dall’essere vuota… per mangiare come per costruire la propria identità serve riempirsi: andare fuori, prendere qualcosa e portarlo dentro.
Ci sono due strade per riempire il vuoto:
1. il godimento, che è consumazione, uso per il proprio benessere, istinto animale di soddisfazione immediata
2. il desiderio, che è avere in modo non diretto, mediando con la legge (regole a cui sottomettersi), il codice culturale di comportamento e il riconoscimento dell’altro nella sua dignità e libertà.
Percorrendo questa strada, più lunga, si entra in relazione con qualcosa che aiuta a colmare il vuoto e a costruire la propria identità, a costruirsi il nome… l’altro, che è fuori di me, è qualcosa di bello e pericoloso a cui mi rivolgo per costruire la mia identità, il mio nome, attraverso scelte accompagnate. Il desiderio ha contatto con la parte più profonda e intima della persona; è strutturale.
La strada lunga del desiderio non esclude la promessa del godimento, che è il traguardo e non viene cancellato (come accade invece in una visione distorta del cattolicesimo, che tende a negare e a proibire il godimento). Il gioco del desiderio assomiglia ad un profilo da creare, in cui si inserisce non se stessi, ma ciò che piace… gli oggetti del mio desiderio permettono di capire chi sono.
È un gioco serio, in cui se si perde si fallisce. Si può fallire nel desiderio (desiderare ciò che non si può avere), con le frustrazioni conseguenti, investendo in qualcosa di sbagliato, che non è sufficiente a tenere in piedi l’identità. In questo senso, la morale aiuta e si fonda sull’insegnare a capire cosa/come desiderare, mettendo ogni cosa al suo posto.
Ma si può anche fallire il desiderio, cioè essere incapaci di incamminarsi sulla strada del desiderio, perché manca la spinta di desiderio sufficiente per dare forma alla vita, per trovare la voglia di diventare uomo/donna. Questo è oggi un problema evidente; se non si riesce neppure a partire, dentro c’è il vuoto… e si cade nel panico, fino alle crisi psicotiche (le dipendenze, l’anoressia sono reazioni al vuoto che abita dentro).
Accompagnare quindi è accompagnare nel desiderio e accompagnare il desiderio. Come? Attraverso la testimonianza: muovere per andare verso qualcosa mostrando qualcosa fuori di sé per cui valga la pena mettersi in cammino. Testimoniare non è essere un modello, un esempio generale da seguire, ma passa attraverso una testimonianza singolare. Accompagnare è scrivere la legge sul cuore, con il linguaggio giusto e adatto a quella singola persona, con una testimonianza di
– strada possibile di incontro tra la legge e il desiderio realizzato (perché se il desiderio alla fine non si realizza, vale la pena percorrere quella strada?)
– possibilità di incontro tra desiderio e godimento, che non va negato e colpevolizzato (come a volte tende a fare la morale cattolica). Ne è esempio la strada della religione, che non è immediata ed è lunga: ne vale la pena? Ne ho un vantaggio? Perché mettersi in cammino se non sembra essere per le persone che la percorrono una strada desiderabile?
* Qual’è oggi la testimonianza cristiana del godimento? C’è il rischio della promessa di un desiderio senza godimento, che non si realizza mai… mentre già Benedetto XVI ha ben sottolineato che eros e agape sono due aspetti di uno stesso amore, che non è solo oblativo, puro dono fine a se stesso. In questo i cristiani corrono il rischio di mostrarsi o diventare falsi o addirittura deliranti, se si perde il contatto con la realtà della vita a favore di un modello sbilanciato e senza reciprocità.
Come accompagnare il desiderio? Si tratta di un lavoro pastorale di accompagnamento integrale: aiutare ad essere persone davanti a Dio attraverso
– coltivare il desiderio, riconoscerlo e dargli dignità; guardare con rispetto ai desideri concreti, saper parlare, esprimere a parole la testimonianza (evitando il rischio, che a volte riguarda anche la scelta di fede, di una fuga dalla realtà)
– un desiderio in sintonia con il tempo che si vive: il desiderio deve dialogare con i desideri del proprio tempo, cercando il legame/collegamento con quel che piace… questa è la radice della sintonia e dell’empatia
– un desiderio intrecciato con la possibilità che Cristo offre di incrociarlo con il suo desiderio: Cristo si offre per l’uomo come testimone del desiderio, mostrando che è possibile amare il Padre e amare gli altri, che si può vivere nel desiderio di Dio, di sé e degli altri.
Il desiderio di Dio non cancella il mio, ma lo esalta e mi mostra ciò che è giusto per me. E allora la pancia, la testa e il cuore (io) sono in dialogo con ciò che Dio desidera per me… non posso cancellare i miei desideri, ma farli crescere nel dialogo con il desiderio di Dio, che entra nella mia identità.
Accompagnare si traduce perciò in testimonianza, più le parole che sappiano raccontarla per renderla accessibile agli altri.