Accoglietevi come Cristo ha accolto voi!

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Questa esortazione, tratta dalla lettera di san Paolo apostolo ai cristiani di Roma (15,7), ci richiama al tema del Natale che la Chiesa celebra proprio in questo tempo.

Possiamo guardare a questo evento della vita di Gesù come alla sua prima esperienza di emarginazione. L’evangelista Luca dice che egli nacque in una stalla perché non c’era posto per loro nell’alloggio (Lc 2,7). Nel profondo dell’avvenimento però, con la nascita terrena il Figlio di Dio ha accolto in sé la nostra natura umana e, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, così facendo, «Egli si è unito in un certo modo ad ogni uomo» (GS 22): in realtà, noi siamo stati accolti da Gesù, come sperimentarono gli umili pastori quella notte nella stalla della campagna di Betlemme. L’accoglienza di tutti da parte di Gesù è poi continuata per tutta la sua vita (pensiamo ai moltissimi incontri di Gesù: con Levi e Zaccheo, Simone e i suoi compagni, l’adultera e le folle) e anche sulla croce Gesù ha avuto solo pensieri di pace per gli altri, anche per gli avversari.

Parliamo allora di accoglienza, perché vogliamo tenere sveglia la nostra attenzione per una questione che è all’ordine del giorno. Oggi molti hanno paura dei movimenti di gruppi di persone che per motivi politici o economici fuggono dai loro Paesi di origine e cercano una nuova terra dove abitare. Per il cristiano l’accoglienza non si pone sul piano del facoltativo, perché il Signore Gesù ci ha comandato: «Amatevi gli uni gli altri come Io vi ho amato!» (Gv 15,12). Con l’accoglienza non si scherza… ne va di mezzo l’identità cristiana, la fedeltà al Vangelo, l’imitazione di Gesù che, mentre eravamo peccatori, ci ha accolti nel suo abbraccio misericordioso e ha fatto pace tra Dio e noi (leggi Ef 2). Oppure ci siamo dimenticati del passo di Vangelo che abbiamo ascoltato alla fine di novembre, dove Gesù ci dice: “Ero forestiero e mi avete ospitato… o non mi avete ospitato”?

Parlando di accoglienza balzano in primo piano quelle opere grandi che fanno notizia e sono una serie interminabile anche nel nostro ambiente ecclesiale: quelle case o centri di accoglienza che ospitano per un tempo più o meno lungo immigrati e profughi appena giunti in Italia. Questi centri, dove ogni anno trovano ospitalità migliaia di persone, fanno opera evangelica, che è conosciuta ed apprezzata anche da chi non fa parte della Chiesa. Ci sono tuttavia tante, tantissime altre iniziative di accoglienza che non fanno notizia, perché hanno dimensioni modeste, come semplici famiglie o singoli cristiani. Ebbene, sono proprio questi che ci dicono come accogliere e con quale stile aprirci agli altri.

Il testo della lettera ai Romani ci suggerisce almeno quattro modalità di accogliere:

  • con gratuità: cioè senza calcoli di interesse e senza aspettarsi contraccambio, come appunto Gesù che non si aspetta neppure il grazie per la salvezza che ci dona; gratuità non solo in riferimento alle cose donate, ma anche a chi le dona; non solo in riferimento all’organizzazione, ma soprattutto in riferimento alla costruzione di relazioni buone e di legami rinnovati;
  • a tutto tondo: cioè senza escludere alcuno, come ha fatto Cristo che non si è sottratto all’incontro di nessuno; nella “normalità” del quotidiano: in famiglia e in parrocchia, nella scuola e nel mondo del lavoro e nei percorsi post-lavorativi (dopo la pensione); coltivando una responsabilità mondiale condivisa, investendo persone e gruppi del peso di problemi che interagiscono tra di loro, nel bene e nel male e che possono essere modificati solo se “tutti siamo responsabili di tutti”;
  • con impegno: perché Gesù ci ha amato fino “alla morte e alla morte di croce”, anche noi ci sforziamo di offrire non le briciole di ciò che siamo, ma ci apriamo con generosità e cordialità agli altri;
  • con costanza: perché le virtù maturano in noi, se quotidianamente le coltiviamo, nella libertà, al di fuori di convenienze politiche ed economiche, per tutelare gli interessi dei più deboli.

Ormai il nostro pianeta è diventata “un grande villaggio” per le opportunità che ci offrono i mezzi di comunicazione di massa e internet. Dovrebbe essere luogo di accoglienza di tutti, come lo è la nostra casa. In realtà, per i più è luogo di esclusione: solo una parte di umanità gode dei beni e dei frutti della terra: oltre l’80% degli uomini vive in povertà estrema, affetta da fame cronica, siccità, malattie, analfabetismo! Forse questa ingiustizia “globale” non è che commuova più di tanto o ci smuova.
Allora dalla compresenza degli uni accanto agli altri, dobbiamo arrivare alla convivenza, che si fonda su un atteggiamento del cuore che ha messo al bando la diffidenza verso l’altro, i pregiudizi e le paure nei confronti del diverso.

Vogliamo coltivare nel nostro cuore gesti quotidiani di accoglienza, gesti semplici e costanti, gesti che soli possono operare un autentico mutamento nel rapporto tra le persone?
Lo possiamo realizzare, se ci lasciamo guidare dalla parola di Gesù: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Mt 10,40-42). «Venite a Me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e Io vi ristorerò» (Mt 11,28)

don Giampaolo

Pubblicato su Camminiamo Insieme dicembre 2021