Abitare e costruire comunità

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Qualche cenno del Campo nazionale Adulti “Fuori porta” (17-20 luglio, Ascoli Piceno) a cui hanno partecipato Paola di Cloz e Lucia di Lavis; la sintesi è riportata su Camminiamo Insieme settembre 2025.

Fuori Porta: abitare e costruire comunità

Il tema si inserisce negli Orientamenti del triennio 2024-2027, incentrati sulla “cultura dell’abbraccio”. Come ci ricorda il Santo Padre, l’abbraccio è la via della vita: quell’abbraccio che manca, che salva e trasforma.

Il 20 luglio scorso si è concluso il campo nazionale del settore adulti presso il Centro Vacanze Oasi Carpineto (Ascoli Piceno). I quattro giorni vissuti al campo sono stati talmente intensi da pensare sia impossibile concentrarli in poche righe.

Ogni parola, ogni volto, ogni incontro suggeriva Comunità, Fiducia, Condivisione. Incredibile come sia sembrata semplice la COMUNITÀ in quel luogo privilegiato.
Ma ecco che i vari relatori ci suggeriscono di portare al di fuori, FUORI PORTA appunto, la COMUNITÀ che prima nasce e poi si costruisce con la coscienza che la partecipazione di tutti è necessaria: la responsabilità si impara assumendola insieme, col dialogo, l’ascolto, la mediazione. abbiamo riflettuto su come l’adulto debba abitare e costruire le comunità: ecclesiale, civile, sociale e digitale.
Al contrario di ciò che succede nella vita concreta in cui prima si costruisce poi si abita, la comunità deve essere abitata per poterla costruire. Un esempio concreto lo abbiamo avuto visitando Arquata del Tronto dove un gruppo di giovani, ora adulti, aveva costituito una piccola cooperativa, Arquatapotest, prima del terremoto del 2016, impegnata a rivitalizzare l’antica festa patronale. La loro attività è diventata indispensabile dopo l’evento sismico per tentare di ricostruire il tessuto sociale che si era disgregato, più delle case, con l’abbandono del territorio da parte di residenti, che nelle intenzioni di molti voleva essere solo provvisorio, ma così non è stato. Ricostruire le case si è rivelato più facile che ricostruire la comunità.

Per costruire comunità bisogna dunque abitarla e volerci stare dentro evitando due rischi:
– l’ansia costruttiva: costruire qualsiasi cosa, anche l’inutile;
– l’ansia restaurativa: seguire solo il “si è sempre fatto così”.
Questo vale anche per le nostre realtà.

Il verbo che accompagnerà il prossimo anno associativo è condividere, che è sinonimo di “vivere in comunità”.

I vice-adulti nazionali, Paola Fratini e Paolo Seghedoni, hanno sottolineato che la responsabilità che ci assumiamo per creare comunità deve essere personale, condivisa e relazionale.
L’adulto, allora, è chiamato ad abitare le relazioni che costruisce con i coetanei e con le altre generazioni, è colui che sa accettare i tempi dell’altro. La società oggi ci addestra alla paura, ci indottrina a doverci costantemente difendere da “Il Nemico”, impedendoci così di riconoscere l’umanità degli eventi, delle situazioni e dei contesti. Conseguenza di tutto questo è non prendere posizione rispetto a quello che accade intorno a noi, non assumere un atteggiamento critico rispetto alle informazioni che subiamo.
Siamo portati a nutrire e salvaguardare il concetto di identità, ma dietro di esso può celarsi un pericolo: la radice della parola “identità” è “identico” e questo ci spinge a vivere come minaccioso tutto ciò che è percepito come diverso. Il senso di identità andrebbe sostituito con il senso di appartenenza: ognuno di noi, nessuno escluso, è parte di qualcosa o di qualcuno.

Pierluigi Vito, giornalista professionista di Tv2000, ha evidenziato quanto sia diffuso oggi l’information over loading, ovvero il sovraccarico cognitivo, a causa del quale ci raggiungono un numero sproporzionato di informazioni, tanto da non essere in grado di fare una scelta e/o di prendere una posizione. È necessario ricostruire il Noi, perché solo insieme possiamo sostenere questo sovraccarico, reciproci samaritani in questa era digitale. Deve confortarci il fatto che in questo processo non siamo soli, perché Cristo ci precede sempre. Il giornalista ci invita a “tessere legami” con ogni ambito della comunità: famiglia, sport, cultura, giovani e adulti, ma chi è oggi l’adulto? Colui che non vuole invecchiare o colui che sapendo che inevitabilmente invecchierà si prende cura di ciò che lascerà?

Mons Palmieri, arcivescovo di Ascoli Piceno, ci ha ricordato che nella Chiesa stiamo vivendo un tempo eccezionale, tutti sono chiamati attraverso la sinodalità, all’ ascolto reciproco e al discernimento per comprendere i segni dei tempi e lasciarsi fecondare dallo Spirito per poter fare scelte coraggiose.
il cammino della Chiesa deve essere quello degli Atti degli Apostoli: riunire tutti, anche quelli scomodi e lontani, ascoltare la Parola, ascoltarsi reciprocamente, ascoltare i segni dei tempi e fare discernimento della volontà di Dio; questo processo potrebbe permettere alla Chiesa di fare un enorme salto spirituale. È il tempo di rispondere alla violenza che ci arriva costantemente e di fermarla attraverso la “rivoluzione della tenerezza e la mistica della fraternità”: vivere la relazione con l’altro come un luogo dove si incontra Dio.

Notarstefano, il nostro presidente nazionale, ci invita ad uscire dalla giostra da cui si guarda come spettatori, per entrare nell’ ottovolante delle trasformazioni, anche se ci creano una dose di vertigine e una dolorosa coscienza del cambiamento. Non dobbiamo raccogliere dati, ma entrare in empatia con il bene che è all’opera.
Ci ha incoraggiato ad abitare la complessità del nostro tempo, ad empatizzare con le sue ferite e ad accogliere le differenze e il pluralismo. Questa complessità esige la comunità, richiede la tessitura di alleanze, che facciano emergere il bello che c’è e che sappia interpretarlo.
L’adulto deve lavorare sull’incompletezza, deve farsi tessitore di dialogo intergenerazionale, perché la sua pienezza non è nella ministerialità, ma nella sua capacità di fare sintesi della complessità. Ritorna il tema della Politica, tema originario dell’AC, abitare e costruire la comunità significa orientarla al bene comune, ritrovare la via faticosa della democrazia, che poi è quella della partecipazione.
La Comunità viene alimentata dentro di noi, si riaprono possibilità lasciando l’iper-specializzazione, ritrovando la sintesi, riconoscendo le differenze e facendo spazio all’altro. Siamo di meno, allora lavoriamo tutti insieme imparando a stimarci reciprocamente e facendo alleanze nella pluralità. Ridurre le distanze senza annullare le differenze per dare il nostro apporto al bene comune. Contrastare la violenza che ci viene instillata con la paura della guerra e dello straniero e diventare case di pace nel nostro mondo interiore attraverso la rivoluzione della tenerezza e dell’abbraccio che superano la solitudine dell’essere umano. Fare della fragilità e dell’incompletezza la forza che ci rende tessitori di dialogo per creare un progetto comune di società democratica che non è più scontato. Allenare le persone al discernimento con un vocabolario comune perché possano spendersi nella partecipazione politica con la consapevolezza della possibile parzialità della nostra comprensione in quanto la verità tutta intera, che è Gesù, ci viene dal futuro: Lui è lampada (non un faro) ai nostri passi e ci rivelerà la verità quando saremo capaci di portarne il peso.

Lucia e Paola