Dalla meditazione dell’assistente diocesano don Giampaolo Tomasi
alla I Giornata di Spiritualità (19 ottobre 2024, Rovereto)
Eletti e stranieri nella diaspora testimoniamo la speranza
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PREGHIERA INIZIALE Vieni Spirito Santo, alito leggero e discreto che fai udire la tua voce, brezza che dispiega la sua forza e ci sospinge nello spazio e nel tempo. Vieni Spirito Santo, gemito sussurrato al mio cuor che si fa grido e preghiera, nel tempio interiore in cui è racchiuso ogni splendore. Vieni Spirito Santo, carezza gentile e irresistibile che dimori nelle fenditure dell’anima per congiungere al cielo il nostro fragile abbraccio. Vieni Spirito Santo, soffio fecondo e vivificante che plasmi di grazia ogni creatura per destinare all’eternità ogni frammento dell’esistenza. Amen
LA PAROLA DI DIO
dalla Prima lettera di san Pietro apostolo (1Pt 1,1-12)
Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli che vivono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia, scelti secondo il piano stabilito da Dio Padre, mediante lo Spirito che santifica, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue: a voi grazia e pace in abbondanza.
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.
Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.
Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite. A loro fu rivelato che, non per sé stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo.
LA RIFLESSIONE
… I destinatari della lettera non sono ben identificati da un punto di vista geografico (i nomi dei vv. 1-2 indicano regioni dell’attuale Turchia, cioè una vasta area) ma lo sono nella loro identità spirituale: sono “eletti” e “stranieri” nella diaspora.
- Eletti: sta ad indicare la scelta da parte di Dio, come era stato per il popolo ebreo: scelto tra gli altri popoli.
Leggiamo in Deuteronomio (7,7-8): “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli – ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re di Egitto”.
Anche la sfumatura di “separati dagli altri” è dentro il termine eletti: proprio questo essere stati scelti da Dio, proprio questo appartenere a Lui, fa sì che questi cristiani siano come “stranieri” in mezzo agli altri uomini.
2. I cristiani sono “differenti” dagli altri, c’è una vita nuova che li contraddistingue e li fa essere caratteristici. La scelta di Dio li separa dagli altri facendoli vivere in modo così inedito che sono stranieri rispetto ai loro concittadini, sono senza patria sia nel tempo sia nello spazio. A questo proposito si legga il bel testo tratto dalla Lettera a Diogneto, un testo scritto nel II secolo d. C.. L’essere stranieri non porta però i cristiani a chiudersi come in un guscio o isola, in un “gruppo elitario”, quasi a creare una colonia ben separata dagli altri uomini.
3. Anzi i cristiani sono “dispersi” – nel testo si legge “diaspora” – cioè, disseminati in mezzo agli altri, come il lievito nell’impasto o il sale nella pietanza. Potremmo quasi parlare di “semina dei cristiani” da parte di Dio nella società umana senza distinzioni né separazioni.
Ai cristiani in questa modalità è data la possibilità di annunciare il vero Dio e la buona notizia di Gesù Cristo Salvatore a tutte le genti, ad ogni generazione, in ogni cultura. La Chiesa, anche nei nostri paesi di lunga tradizione cristiana per cui ci illudevamo di aver creato società cristiane, è una minoranza e dunque in una situazione esposta e difficile, ma proprio questa situazione le dà l’opportunità di offrire la testimonianza a Gesù Cristo con semplicità e libertà.
… Proprio questo mondo è il destinatario del disegno di salvezza di Dio e la storia della salvezza si svolge anche oggi proprio qui in mezzo alla nostra gente.
… La benedizione (vedi paralleli in 2Cor 1,3-11 ed Ef 1,3-12) forse è un inno liturgico in uso nelle comunità (forse per la liturgia battesimale). Questi versetti (3-12) sono come un maestoso portale (pensate a quelli delle cattedrali gotiche) che raccoglie i temi principali che saranno trattati nella lettera a partire dalla “memoria battesimale”:
- La speranza. Tutta la lettera è pervasa da una nota vibrante di speranza. Ma quale speranza? Né quella degli uomini, né quella che è chiamata virtù teologale (atteggiamento buono). La speranza qui è identificata con un evento ben preciso che sta a fondamento della virtù “speranza” e questo evento è la Risurrezione di Gesù dai morti, è la nostra risurrezione con il corpo, è la nuova terra e i nuovi cieli dove saranno stabili la pace e la giustizia.
- La gioia. Questo non è il vago sentimento che proviamo quando qualcosa ci dà piacere e neppure è l’atteggiamento che caratterizza i cristiani in un mondo allegro e festaiolo ma non gioioso. È il “grido di giubilo” uscito dalle labbra di Gesù di fronte alla fede dei “piccoli e dei semplici” (Mt 11,25). È la gioia che sgorga dal profondo per chi vive le beatitudini (Mt 5,12). È la gioia della Sposa che attende lo Sposo divino, è la gioia dell’attesa, un’attesa però non libera da prove e da digiuno.
- La profezia. Intesa non come privilegio di pochi, ma come dimensione dell’esistenza cristiana e della vocazione battesimale. Profeta è l’uomo della speranza. Profeta non è colui che predice il futuro, ma è colui che nella notte vive la certezza dell’aurora perché sa con il cuore che gli uomini non sono abbandonati ma cercati da Dio.
…il cristiano è diverso per la speranza che vive. Speriamo non perché crediamo ad un Dio onnipotente, ma perché l’impossibile si è realizzato nella risurrezione di Gesù (1Pt 1,21): il vinto ora è il vincitore, il povero ha ragione del potente e l’ucciso è il Vivente. L’evento della risurrezione colloca la speranza come l’evento dall’alto. LEGGI TUTTO
PREGHIERA FINALE Tu non ti stanchi mai, Signore. Non ti stanchi di chiamarci. Non ti stanchi di mandarci. Non ti stanchi neppure di parlarci. Ci doni continuamente la tua Parola con abbondanza. E noi, eterni assetati di verità che non passano, ci rimettiamo nuovamente in atteggiamento di ascolto. Parla Signore, parla ancora. Apri nel nostro cuore sentieri nuovi, mai praticati finora. Scendi ancora a lavorare il campo della nostra vita. Trova in esso gli angoli più fertili e gettavi con larghezza il tuo seme, e noi ce la metteremo tutta perché, finalmente, porti frutto.






