pubblicato nella rubrica “Verso il Giubileo” in Camminiamo Insieme giugno 2025
I doni dello Spirito Santo e le Beatitudini
Abbiamo concluso il tempo pasquale con la Pentecoste, che ci invita a invocare sempre l’azione dello Spirito.
Lo Spirito Santo viene a noi con i suoi doni e ho pensato – nei due articoli che vi raggiungono nei mesi estivi – di associare questi doni alle beatitudini proclamate da Gesù in Matteo 5.
Cosa sono i doni dello Spirito Santo?
Se ad una barca priva di motore e spinta a remi dai rematori si aggiungono delle vele gonfiate dal vento, tutto diventa più semplice. La barca è la Chiesa e noi siamo i rematori; i remi rappresentano il nostro impegno a vivere i valori cristiani; le vele rappresentano i doni dello Spirito Santo e il vento è lo Spirito Santo!
Perché i doni sono proprio sette?
Spesso le classificazioni teologiche sembrano artificiose, tuttavia se ne scopre la bellezza dopo aver ragionato sui termini e sulla loro simbologia.
Spiegherò dono per dono il significato e la loro associazione con le Beatitudini (Mt 5,3-12). Essi sono stati formulati come “doni dello Spirito Santo” nel Medioevo, interpretando un testo di Isaia (Is 11,1-2), che in realtà è una profezia della nascita del Messia.
E allora, è inutile continuare? No! Nel Medioevo c’era la tendenza a classificare, schematizzare tutto quello che si apprendeva e così è successo anche in campo religioso; questi studi sono rimasti per noi preziosi, perché rappresentano un modo per cercare di spiegare la bellezza di quello che succede in noi per opera dello Spirito Santo!
Il numero dei doni dello Spirito Santo è simbolico. Esso è infatti la somma di: tre -il numero della Trinità – e quattro – numero che rappresenta i quattro punti cardinali e le quattro essenze del mondo (terra, acqua, aria, fuoco). Sette indica, dunque, l’insieme e l’unione fra cielo e terra, unione possibile anche grazie all’intervento dello Spirito Santo.
immagine testo beatitudini
Proviamo ad abbinare doni e beatitudini
Sapienza: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati Figli di Dio».
Può sembrare un gioco di parole, ma il dono della Sapienza, del “sapere”, è legato alla parola “sapore”. Sapienza è infatti il gusto per la bellezza delle cose divine, è gustare Dio, arrivare ad amarlo e contemplarlo, non solo come un entusiasmo passeggero, ma come qualcosa che resta, gioia ed amore intimi ed intensi.
La Sapienza può nascere in noi solo come dono di Dio attraverso lo Spirito: è un dono di Dio, che ha Dio come origine e come fine. Dio ama me, io amo Dio. È questa una relazione che non nasce dalle nostre forze, ma che ci è stata regalata: l’amore di Dio è stato riversato nel nostro cuore.
Tramite il dono della Sapienza poi arriviamo a scegliere Gesù e il Vangelo come centro delle nostre scelte, per saper valutare le situazioni. Dio con la sua alta Sapienza ha pronto per ciascuno di noi un disegno, che ci svela nel corso della nostra vita infondendo in noi la Sua stessa Sapienza.
Se dunque un uomo sapiente è colui che ama veramente Dio e ne è attratto e innamorato, egli è in grado di creare un ambiente di sapienza, di carità e di pace; per questo è figlio di Dio, veramente figlio perché ha provato e sperimentato l’amore di Dio Padre.
Intelletto: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio».
Intelletto deriva dal latino “intus legere”, leggere dentro, cioè penetrare, comprendere, capire a fondo, vedere oltre le apparenze, aprire gli occhi alla Verità. Questo dono può rivelarsi a diversi livelli.
Può essere introspezione, cioè la capacità di conoscere sé stessi, senza mascherarsi ai propri occhi, sfruttare le doti che sappiamo di avere e affrontare criticamente ciò che in noi non va.
Può essere saper conoscere e capire a fondo gli altri.
Può essere anche riferito alla Scrittura: intelletto è intelligenza spirituale, la capacità di leggere la Bibbia, di penetrare la Parola di Dio e gustarla, ricavarne un nutrimento di vita.
Il dono dell’intelletto è strettamente legato alla purezza di cuore: tanto più uno ha gli occhi limpidi e puri, tanto più egli può vedere in profondità e lontano.
Scienza: «Beati gli afflitti, perché saranno consolati».
Mentre nel nostro linguaggio “scienza” significa soprattutto conoscenza supportata da ricerche, approfondimenti, documentazioni, conoscenze sperimentali, mediante la quale si arriva a spiegare i fenomeni, controllare il mondo, nel linguaggio biblico “Scienza” è la capacità di conoscere il mondo senza dominarlo, ma riconoscendo Dio come Creatore e la sua presenza nelle realtà create, nella natura e nella storia. Succede così che di fronte ad un paesaggio splendido ne gustiamo la bellezza, ma contemporaneamente contempliamo il Creatore ancora più bello del creato e lo lodiamo perché è origine di quella bellezza. Anche lo studioso di biologia, scienze, fisica, psicologia arriva a contemplare nei suoi studi la bellezza di colui che ha creato cellule, atomi, psiche.
Scienza, dunque, è la luce per vedere nelle cose e nelle persone la bellezza e la potenza di Dio, ma è anche, sempre in senso biblico, la conoscenza che scaturisce dall’amore (es. mamme che intuiscono anche senza sapere): il cuore che ama comprende più della mente. Con questo dono il cuore si apre alla fiducia in Lui e accetta anche ciò che non si capisce (prove, dolore, tragedie…).
Gli afflitti di cui parla la beatitudine non sono delle persone tristi, anzi, sono delle persone che sono disposte ad affrontare la sofferenza pur di fare la Sua volontà e perché cercano cose autentiche oltre le difficoltà momentanee.
[segue sul prossimo numero]
don Giampaolo