Convertiti credendo

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pubblicato su Camminiamo Insieme marzo 2025

Conversione è risposta a Dio che chiama

Papa san Giovanni Paolo II nella Bolla Incarnationis Mysterium (29/11/1998) con cui annunciava un nuovo Anno Santo per il 2000 scriveva: «Il tempo giubilare ci introduce a quel robusto linguaggio che la divina pedagogia della salvezza impiega per sospingere l’uomo alla conversione ed alla penitenza, principio e via della sua riabilitazione e condizione per recuperare ciò che con le sole sue forze non potrebbe conseguire: l’amicizia di Dio, la sua grazia, la vita soprannaturale, l’unica in cui possono risolversi le più profonde aspirazioni del cuore umano» (IM n.2).

In questo Anno Santo 2025 è necessario riscoprire e vivere la virtù della speranza, come scrive Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo dell’anno 2025 Spes non confundit (9/5/2024):
«La speranza, insieme alla fede e alla carità, forma il trittico delle “virtù teologali”, che esprimono l’essenza della vita cristiana (cfr. 1Cor 13,13; 1Ts 1,3). Nel loro dinamismo inscindibile, la speranza è quella che, per così dire, imprime l’orientamento, indica la direzione e la finalità dell’esistenza credente. Perciò l’apostolo Paolo invita ad essere “lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Rm 12,12). Sì, abbiamo bisogno di “abbondare nella speranza” (cfr. Rm 15,13) per testimoniare in modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo nel cuore».

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Se la speranza imprime la direzione alla vita cristiana perché ci addita la meta, a causa delle distrazioni mondane in cui spesso cadiamo è necessario convertirci, come ci ha esortato il ministro della Chiesa il primo giorno di Quaresima imponendoci sul capo le sacre Ceneri: “convertiti e credi al Vangelo”; ma come interpretare questa parola?

Conversione indica l’inizio di una nuova vita, perché ci si è accorti di essere fuori strada rispetto alla Parola di Dio. Questo “inizio” è pesante, suggerisce un’azione penosa che non consiste solo in una specie di “revisione di conti” per poi fare dei buoni propositi: questo inizio accade perché «conquistati dall’amore, ci affidiamo al Bell’Amore» Gesù Cristo, come qualcuno ha scritto. Affidarsi a Gesù è atto di fede, perché abbiamo scoperto in Lui il Dio che ama gratuitamente e senza porre condizioni. In questo Anno Santo ci è chiesto: “Convertiti credendo”.

C’è un altro significato di conversione ed è quando la consideriamo il fine che tiene accesa in noi la fede. Non siamo lontani da Dio, anzi siamo credenti e praticanti, ma abbiamo remato, come ci ha invitato a fare Gesù, perdendo però di vista la meta. Il mio Io – la “carne”, direbbe san Paolo – ha prevalso in me. La preoccupazione che mi domina è il mio benessere, il vanto o il potere, non il Regno di Dio. In questa situazione occorre “scentrarsi da sé”, per centrarsi in Dio. Vincere l’amor proprio per vivere l’amore di Dio.
È possibile? Sì, e Gesù ci ha indicato il modo: «Se non ritornerete bambini…», cioè agli inizi della propria storia cristiana: senza titoli né meriti, senza pretese e senza rivalità.

Occorre ritornare a quel tempo in cui ci dicevamo con le parole di s. Teresa d’Avila: «Solo Dio mi basta!».

Niente ti turbi
niente ti spaventi
a chi ha Dio, nulla manca,
Dio solo basta.
Tutto passa, Dio non cambia,
la pazienza, tutto realizza.
Tutto passa, tutto cambia,
la pazienza, tutto realizza.
Niente ti turbi, niente ti spaventi,
a chi ha Dio, nulla manca,
Dio solo basta.
(preghiera di affidamento di santa Teresa d’Avila)

L’apostolo Paolo scrive ai cristiani di Filippi: «Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,12-14).
Proprio questo testo mi aiuta a riflettere sul terzo significato di conversione che è lo stile di vita cristiana. Nasciamo con un carattere e siamo chiamati a trasformarlo in stile cristiano.
L’artista ha davanti un blocco di marmo ma vede l’opera e la sua idea con fatica prenderà forma… Non si tratta di fare un aggiustamento al mio modo di pensare e agire, ma di acquistare la mentalità di Cristo, che è vedere e ascoltare, giudicare, agire e sperare come Gesù e vivere la comunione con Dio Padre e lo Spirito Santo come Lui l’ha vissuta.

Siamo nel tempo di Quaresima, che abbiamo iniziato con l’ascolto del Vangelo (Mt 6,1-6.16-18) che ci ha proposto tre modalità di vivere la conversione:
a) la preghiera, che è il desiderio di Dio che trova appagamento nella s. Messa. che è forza vitale e linfa grazie a cui ognuno vive e cresce come membro del Corpo mistico di Cristo;
b) il digiuno, che è esercizio della sobrietà per raggiungere l’essenziale della vita spirituale: «Tutto è utile ma non tutto mi giova» (1Cor 6,12);
c) l’elemosina, che è l’esercizio feriale per cui imparo che ciò che ho come bene materiale è per essere condiviso.
Conversione è il cammino del ritorno a Dio, destato e voluto dal Signore che chiama: la conversione è un dono, è la risposta ad una chiamata.

Dio non sta solo alla fine del cammino di conversione, ma con la sua presenza invisibile – eppure efficace – sta anche all’inizio di questo cammino, perché è Lui che crea in noi il desiderio di ritornare a Lui.

don Giampaolo