testo recensito su Camminiamo Insieme aprile 2025
Salvarli tutti, dal primo all’ultimo
Il giornalista Nello Scavo, inviato speciale di Avvenire, tra i primi a raggiungere l’Ucraina poco prima dell’arrivo dei Russi, ci conduce dritti al cuore della guerra: a orrori e crudeltà che lasciano senza parole, e insieme alla scoperta di un coraggio e una umanità che resistono pur dentro quello scenario.
Il racconto parte dal marzo 2022, quando l’esercito russo conquista Kherson, e sembra che i russi nella loro avanzata rapiscano e deportino i bambini in aree sotto il loro controllo: saranno “rieducati”, la loro identità ridefinita, la realtà riletta per loro secondo un nuovo punto di vista (circa torti e ragioni). Di molti si perdono le tracce, è documentato fin dagli inizi di questa guerra: è un modo per “rubare il futuro”.
Nello Scavo si mette sulle tracce di Volodymyr Sahaidak, direttore di un Centro per la riabilitazione sociale e psicologica dei minori con sede a Kherson, una sorta di orfanotrofio (anche se gli orfani erano una minoranza): con determinazione e nel più completo isolamento Volodymyr si attiva per salvare i suoi bambini.
Intanto, serve gestire il presente, dove manca tutto: cibo, medicine, acqua potabile, giochi, vestiti… E Volodymyr istituisce una rete clandestina e invisibile di donatori per sopravvivere nei primi mesi.
Poi, occorre accompagnare la quotidianità: «In tre ci occupiamo di 52 bambini, giorno e notte. Serviva rendere la vita di quei giorni meno opprimente e renderli consapevoli della situazione, ma senza traumatizzarli più del dovuto». E comunque i piccoli devono restare nel nascondimento più totale: «Si può uscire all’aperto per 15 minuti al giorno, in un cortile interno, in piccoli gruppi che si danno il cambio; e non gridare, non ridere, non correre… nessun rumore!».
Terzo, occorre un piano per la fuga: Volodymyr decide di organizzare un sistema di adozioni illegali per trasferire i bambini in mani sicure. Va alla ricerca di tutti quelli che erano disposti a prendersi i ragazzi in casa: loro parenti lontani, suoi conoscenti, volontari e personale dello stesso Centro. Quindi falsifica e corregge i registri: «Per ogni ragazzo, un pezzo di storia inventata integrava quella vera, poi aggiungevo documenti di identità dei “genitori adottivi”. Era necessario inventare una soluzione diversa per ogni bambino, altrimenti i russi avrebbero scoperto facilmente l’operazione: occorreva depistare, diversificare, falsificare».
E il copione delle adozioni riesce: il “falsario” Volodymyr trova una destinazione per ognuno dei bambini, quando arrivano i russi a chiederli in custodia il Centro è vuoto.
Lo chiamano lo Schindler di Kherson.
Alessandra