La fuga delle quarantenni – Armando Matteo

 

Percepiamo, nelle nostre parrocchie, la diminuzione della presenza femminile: al pari di quella maschile ma, secondo l’autore, ben più dirompente per una prospettiva di tramissione della fede alle nuove generazioni.

La lettfugadelle40ura, fatta dall’autore in “La fuga delle quarantenni – il difficile rapporto delle donne con la Chiesa” [ed. Rubettino – 2012], si concentra sul senso religioso che l’universo femminile in questi decenni ha elaborato. Un universo già gravato, come scriveva Alessandro nel numero scorso di CI, da ritardi in emancipazione, riconoscimento, dignità. Giovanni Paolo II aveva proposto il ribaltamento della figura femminile con l’enciclica Mulieris dignitatem in cui Maria, riconosciuta madre di Dio, trova in sé e non fuori di sé, il senso del suo esistere. Ma dalla teroria alla pratica … Alla donna di ieri e a quella di oggi, in modo più velato, è affidata la cura di ciò che è intimo e personale lasciando all’uomo, invece, ciò che è gestionale, amministrativo, di potere. Grazie a questo ruolo la consistenza interna della Chiesa, quella mantenuta grazie alla trasmissione della fede e alla gestione del quotidiano della vita delle comunità, fino ad oggi è rimasta stabile. Ora tutto questo non è più così scontato e purtroppo l’ambiente ecclesiale non coglie a fondo il vuoto di tradizione che si sta diffondendo. Del libro che approfondisce vari aspetti dell’essere donna nella Chiesa qui riprendo solo alcune sollecitazioni operative finali che l’autore propone. Riequilibrare l’immagine pubblica nella chiesa italiana ancora troppo maschile (su questo papa Francesco potrebbe regalarci delle aperture) e lavorare per un’effettiva corresponsabilità delle donne. Pensare i tempi, le attese i bisogni delle donne e affrontare la battaglia per la vita buona dell’umano, confrontandosi con la dittatura della giovinezza e il terrorismo della bellezza per riconfigurare in modo positivo l’essere adulti nello spessore anche drammatico del quotidiano. Sono strade, queste e molte altre, che potrebbero essere di stimolo anche per i nostri gruppi associativi per continuare a focalizzare l’attenzione sui reali bisogni delle donne (e degli uomini) che si mettono alla ricerca più o meno consapevole, di un loro posto nelle nostre comunità.